Nell'immaginario
collettivo il ricordo di Archimede è indissolubilmente legato a due aneddoti
leggendari. Vitruvio racconta che avrebbe iniziato ad occuparsi di idrostatica
perché il sovrano Gerone II gli aveva chiesto di determinare se una corona
fosse stata realizzata con oro puro oppure utilizzando all'interno altri
metalli. Egli avrebbe scoperto come risolvere il problema mentre faceva un
bagno, notando che immergendosi nell'acqua provocava un innalzamento del
livello del liquido. Questa osservazione l'avrebbe reso così felice che sarebbe
uscito nudo dall'acqua esclamando heureka! (ho trovato!).
Se non
fossimo a conoscenza del trattato Sui corpi galleggianti non si potrebbe
dedurre il livello dell'idrostatica archimedea dal racconto vitruviano.
Vitruvio riferisce che il problema sarebbe stato risolto misurando i volumi
della corona e di un eguale peso d'oro immergendoli in un recipiente colmo
d'acqua e misurando l'acqua traboccata. Si tratta però di un procedimento poco
plausibile, sia perché comporta un errore troppo grande sia perché non ha
alcuna relazione con l'idrostatica sviluppata da Archimede. Secondo una
ricostruzione più attendibile, anche perché attestata nella tarda antichità,
Archimede aveva suggerito di pesare la corona e un quantitativo di oro uguale
in peso immersi entrambi in acqua. Se la corona fosse stata tutta d'oro la
bilancia sarebbe stata in equilibrio. Poiché invece la bilancia si abbassò
dalla parte dell'oro, se ne potette dedurre che, essendo pari i pesi, la corona
doveva avere subito una maggiore spinta idrostatica verso l'alto e quindi
doveva avere un maggiore volume, il che implicava che doveva essere stata
fabbricata impiegando anche metalli con densità minore dell'oro (come
l'argento). Secondo un altro aneddoto altrettanto famoso Archimede sarebbe
riuscito a spostare da solo una nave (o l'avrebbe fatta spostare dal solo
Gerone) grazie a una macchina da lui inventata. Esaltato dalla sua capacità di
costruire macchine con cui spostare grandi pesi con piccole forze, in questa o
in un'altra occasione avrebbe esclamato: “datemi un punto d'appoggio e
solleverò la Terra”.
La frase è
riportata, con leggere varianti, da vari autori, tra i quali Pappo di
Alessandria e Simplicio.
« Ad un tratto entrò nella stanza un soldato e gli
ordinò di andare con lui da Marcello. Archimede rispose che sarebbe andato dopo
aver risolto il problema e messa in ordine la dimostrazione. Il soldato si
adirò, sguainò la spada e lo uccise. »
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