mercoledì 27 novembre 2013

Van Gogh al Teatro Vascello di Roma






http://www.insideart.eu/2013/11/27/van-gogh-al-vascello/


 
 
 
La Primavera, da Vivaldi a Van Gogh:
 
 
 
 
 
Grazie Vincent
 
 
 

 

 

PETROLIO





Petrolio è il romanzo di Pier Paolo Pasolini pubblicato postumo nel 1992 da Einaudi. E' rimasto incompiuto, non solo perché Pasolini lo scriveva poco prima di morire, ma anche e soprattutto perché si tratta di un romanzo scomodo. Molti misteri lo avvolgono non ancora chiariti, e d eventi inquietanti.
Petrolio, iniziato a scrivere nel '72, nel 1975, quando lo scrittore morì ucciso, era ancora fatto di frammenti, in un quaderno di appunti, numerati in pagine con ordine progressivo.


 
 
 
Il protagonista è un brillante cattolico e comunista di Torino, Carlo, esponente della borghesia bene, un ingegnere all'Eni.  Siamo tuttavia di fronte a un personaggio a dir poco contraddittorio, che è più giusto definire sdoppiato. Carlo è sia Carlo di Polis, un uomo amabile e socievole, ma anche Carlo di Tetis, diabolico e sensuale. Due persone diverse, che s divertono a scambiarsi, di tanto in tanto ruoli, con spaesamento del lettore. La storia si ambienta un po' a Roma, dove Carlo ha preso una casa in affitto ai Parioli, un po' nel torinese, nella villa del Canavese. Carlo è un ingegnere rampante, all'Eni sta venendo in contatto con tutto un sottobosco di alta borghesia dell'economia, tanto losco, quanto potente. Carlo non ha nessuna remora morale, la sua vita sessuale è sfrenata e dissoluta: ha avuto rapporti con la madre, con le sorelle, con le serve, e addirittura con la nonna. Nella degradata periferia romana ha rapporti rituali con giovani ventenni e con un cameriere di nome Carmelo scopra la passività erotica come la dimensione più in grado di realizzarlo.
 
La narrazione prende a tratti un andamento da girone dantesco, Carlo si sta gradualmente trasformando. Questa assurda metamorfosi gli conferisce tratti femminili. Intanto nel mondo del lavoro l'ingegnere continua a frequentare i più alti "bordi". La prima parte del romanzo finisce con gli appunti di una festa ufficiale in cui notabili dell'economia e squallidi politici raccontano storie allegoriche.
Nella  seconda parte la frammentazione della scrittura raggiunge il parossismo. Il faro letterario cui sembra ispirarsi Pasolini è Dostoevskij, i Demoni campeggiano nella mente del lettore, e il tema fisso è quello cui Pasolini sta dedicando grande attenzione nell'ultimo periodo della sua vita: la trasformazione e l'imbarbarimento della civiltà italiana a lui contemporanea.
 


Pasolini e l'anarchia del potere




Una profetica e angosciante testimonianza di Pier Paolo Pasolini:

http://www.youtube.com/watch?v=H6wRslJmUJ4





martedì 26 novembre 2013

San Giacomo il Maggiore

Oggi è San Giacomo, un'occasione per dipingere il profilo di questo importante personaggio del cristianesimo, spesso raffiguarato in importanti dipinti e affreschi. Stiamo parlando di San Giacomo di Zebedeo, detto il Maggiore, e anche noto come san Jacopo. Fu uno dei 12 apostoli, scelto da Gesù mentre si trovava insieme in riva al lago di Tiberiade, dove faceva il pescatore insieme al padre. Noto per il suo temperamento impetuoso, fu uno dei primi a seguire Cristo, credendo all'annuncio del Battista che lo proclamava il Messia arrivato per salvare l'umanità.



Fu il primo Apostolo martire, i suoi resti furono ritrovati a Santiago de Compostela, dove molti pellegrini vanno ad onorarlo con preghiere.
Cito un passo del Vangelo di Matteo in cui si racconta di San Giacomo che dialoga Gesù sull'Eucarestia:
Dal vangelo secondo MatteoIn quel tempo, si avvicinò a Gesù la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo».



 Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dóminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».






lunedì 18 novembre 2013

Ciao Doris




http://www.insideart.eu/2013/11/19/arrivederci-doris/





È dai falliti e dagli sconfitti di una civiltà che se ne possono meglio giudicare le debolezze. -- Doris Lessing.
Quello che le femministe vogliono da me è qualcosa che loro non hanno preso in considerazione perché proviene dalla religione. Vogliono che sia loro testimone. Quello che veramente vorrebbero dirmi è "Sorella, starò al tuo fianco nella lotta per il giorno in cui quegli uomini bestiali non ci saranno più". Veramente vogliono che si facciano affermazioni tanto semplificate sugli uomini e sulle donne? In effetti, lo vogliono davvero. Sono arrivata con grande rammarico a questa conclusione



 
 
 
 
 
 






 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 






 
 
 
 


domenica 17 novembre 2013

Astrosciamanesimo

 
facendo letture sulla Luna Piena in Tora di oggi, ho scoperto l' astrosciamanesimo, Il termine astrosciamanesimo identifica un sistema di consapevolezza olistica e ricerca spirituale finalizzato a espandere la percezione della realtà attraverso l’integrazione delle conoscenze sciamaniche con quelle derivate dall’astrologia esoterica, le tradizioni misteriche occidentali e mediterranee, ermetiche, cristiane e gnostiche, e i contemporanei processi di trasformazione della coscienza umana.
Un insieme di pratiche interessanti sono ora davanti a me per celebrare questa giornata di Plenilunio con ammirazione profonda e desiderio di rigenerazione. Tutta le energie del cosmo sono alla nostra portata, la sola cosa da fare è connettersi e respirare profondamente.
 
 
 
L'Astroshamanic Healing è un sistema innovativo di guarigione energetica e spirituale che raggruppa gli aspetti essenziali dell'astrosciamanesimo applicati in modo diretto e dinamico sulla vita quotidiana, e in particolare nel rapporto con gli altri e l'ambiente.
Durante questo seminario base i partecipanti sono iniziati ad una serie completa di potenti pratiche dell'Astroshamanic Healing. Il loro obiettivo è di identificare e rendere operativo il rapporto con la propria natura multidimensionale, l'Intento che ne deriva e la capacità di esprimerlo concretamente nella vita quotidiana.
Le pratiche impiegate hanno inoltre lo scopo di liberare e trasformare situazioni di blocco, limite e rancore, dimostrando come le apparenti avversità della vita possono diventare strumenti di potere. Il seminario comprende l’iniziazione alla versione Delta del rituale del Sacro Cono, un efficace metodo di guarigione energetica che i partecipanti potranno in seguito operare autonomamente.
 
 

 
 
Ecco, per chi volesse approfondire un testo interessante sul tema:
 
 
Riporto integralmente il comunicato stampa relativo a un interessante seminario in cui si è trattato l'argomento dello sciamanesimo, con particolare interesse ai cosiddetti canti del Cerchio Sacro:
 
Consapevolezza Olistica si basa

sull’esperienza che tutti gli aspetti della

vita sono strettamente collegati e parte

dello stesso intero. Secondo una prospettiva

olistica non vi è separazione e

possiamo conoscere chi siamo veramente

e qual è il nostro scopo solo se

riconosciamo la realtà più ampia in cui

viviamo.
Canti del Cerchio del Sacro Cono sono il risultato di connessioni con Spiriti Totem e

Spiriti Guida nell’ambito della tradizione astrosciamanica. I suoni e i canti Planetari e

del Cerchio Astrosciamanico hanno lo scopo di trasformare ed equilibrare le disarmonie
 
vibratorie del corpo fisico, mentale emotivo e spirituale, favoriscono la trasformazione

degli stati di rancore e la percezione degli aspetti non ordinari della realtà.

L’intento principale di questo seminario è consentire ai partecipanti di stabilire una connessione

con il mondo multidimensionale e portare guarigione spirituale e trasformazione

nel mondo ordinario.

http://www.dolcemedicina.it/

 
 
Ogni Indiano d'America sa bene che il Canto è Sapienza.
 
 
 Il suono della vita si diffonde per l'universo intero in tutte le cose viventi.
Il tempo che regola la vita dell'uomo è lo stesso che scandisce il ritmo del pianeta.
Tutte le cose vivono:
La terra, l'acqua dei fiumi e dei torrenti, le piante, gli animali, le onde del mare, il vento che soffiando bisbiglia, il cielo, i sassi che respirano, il sole, le nuvole, la luna....
L'uomo, fa parte di tutto questo insieme i cose (universo) .
Egli è figlio, e la terra, è la madre da amare e rispettare.
E' grazie a quest' ultima affermazione che si può dire che nel pensiero pellerossa, la vita dell'uomo è legata alla terra, e la terra è legata all'uomo, dando vita al Cerchio Sacro.
"Noi siamo la terra, terra e popolo sono la stessa cosa"
La vita è stare in armoina con la natura ed il mondo che ci circonda, la saggezza invece, è il saper riconoscere le profonde radici che uniscono il nostro corpo al corpo stesso del creato, la terra."

Queste poche frasi, queste poche parole, in sintesi, raggruppano il pensiero che tutto il popolo Nativo Americano, ripone e trasmette nelle parole dei canti, dei miti e delle leggende e dai racconti stessi, tutti facenti parte della base di vita della loro cultura.
Il Nativo, sa quindi dal principio della propria esistenza, di dover mantenere un equilibrio costante all' interno del "Cerchio Sacro", altrimenti inevitabilmente dovrà pagarne le conseguenze, affrontando le malattie, la sfortuna, l'insicurezza e la disperazione.
Quando quest' individuo perde perde il proprio posto nel mondo ed è afflitto dalla malattia di Esistere, allora ecco che sopraggiungono le cerimonie fatte dalla collettività, come l'Inpi o Capanna Sudatoria, la pittura con la sabbia, ed altre ancora.....
Tutti questi riti, in comune hanno una cosa essenziale, il Canto.
Il Canto è magia ed armonia, incide sul mondo, respinge il male, cattura il bene, riportando l'individuo nel giusto equilibrio "Sacro Cerchio".
Il canto, esprime il legame con la terra, e ne illumina gli elementi fondamentali dell'esistenza e delle immagini visionarie che lo sciamano infonde con il suo insegnamento.
Il canto, ha quindi un ruolo di rilievo fondamentale per i Nativo Americani, perchè come visto è collegato alla religione, alla vita cerimoniale ed ai momenti clou della vita della comunità.
Troviamo quindi canti per il culto, per i riti di guarigione, per la guerra, per la caccia, per l'amore, per le gare atletiche, per le Danze Rituali ecc....
Il repertorio dei canti, viene tramandato da generazione in generazione e considerato il valore del canto stesso, chi lo compone, sostiene di essere un semplice interprete di composizioni che Wakan Tanka comunica loro tramite le visioni o i sogni.
La struttura del canto, è molto diverso da quelli che si vedono ai giorni nostri....
il Canto, infatti, ha una struttura molto rigida, con margini praticamente inesistenti per l'improvvisazione, e l' errore durante la loro esecuzione è spesso severamente punito. Tutto questo, perchè il canto è in sostanza un Rituale che punta ad avere ed ottenere effetti precisi.
La musica che compone i canti, non è mai eseguita per puro divertimento o svago, ma ha sempre una diretta funzionalità giudicata non dal bello o divertente, ma dal buono e potente.
I testi, sono semplici unioni di sillabe, oppure passaggi poetici riferiti a miti tradizionali, i qualsi sono comunque sempre accompagnati dall' interazione di sillabe prive di senso.
Gli strumenti che accompagnano i canti, sono generalmente a percussione, quali sonagli, tamburi, bastoni e nel caso di canzoni d'amore vengono usati Zufoli e Flauti.
La danza, come movimento dell'uomo nello spazio, ha grandissima importanza, unendo a se tutti gli elementi.
Quando gli Europei sbarcarono nell'isola della "Tartaruga", i Nativo Americani contavano più di 400 nazioni tutte caratterizzate da diverse culture.
Alcuni popoli erano raccoglitori dall'età della pietra, altre erano nomadi dedicandosi alla caccia, altre ancora vivevano sullo sviluppo dell'agricoltura.
Praticamente, vi erano differenze a volte anche abissali sullo stato di ogni singola tribù.
Anche nel campo musicale questi popoli sviluppavano tradizioni e stili differenti.
Le tribù del Sud-Ovest, per esempio, stanziate nelle regioni desertiche dell 'Arizona, hanno canti molto semplici nella ritmia, e creano un'atmosfera semplice e rilassata. I loro testi, risultano essere lunghi e molto articolati.
Per i Nativo Americani delle praterie, ed i Pueblo, la musica ha un rilievo più selvaggio, essendo caratterizzata da una prevalenza di sillabe senza senso nel testo, da un andamento melodico fortemente accentato, da un'espressività dura e da una voce roca e aspra.
Nonostante queste differnze formali, nella cultura Nativo Americana, "la parola ha potere in se stessa. Dal nulla si fa il suono, e il significato;la parola è origine di tutte le cose"
Ogni indiano, è consapevole che il canto, è di per se stesso sapienza.
La capacità quindi, di intonare un canto, diviene preziosa possibilità di proteggere l'uomo e la sua civiltà.
 
 



 
 
 
 
 Il suono della vita si diffonde per l'universo intero in tutte le cose viventi.
Il tempo che regola la vita dell'uomo è lo stesso che scandisce il ritmo del pianeta.
Tutte le cose vivono:
La terra, l'acqua dei fiumi e dei torrenti, le piante, gli animali, le onde del mare, il vento che soffiando bisbiglia, il cielo, i sassi che respirano, il sole, le nuvole, la luna....
L'uomo, fa parte di tutto questo insieme i cose (universo) .
Egli è figlio, e la terra, è la madre da amare e rispettare.
E' grazie a quest' ultima affermazione che si può dire che nel pensiero pellerossa, la vita dell'uomo è legata alla terra, e la terra è legata all'uomo, dando vita al Cerchio Sacro.
"Noi siamo la terra, terra e popolo sono la stessa cosa"
La vita è stare in armonia con la natura ed il mondo che ci circonda, la saggezza invece, è il saper riconoscere le profonde radici che uniscono il nostro corpo al corpo stesso del creato, la terra."

Queste poche frasi, queste poche parole, in sintesi, raggruppano il pensiero che tutto il popolo Nativo Americano, ripone e trasmette nelle parole dei canti, dei miti e delle leggende e dai racconti stessi, tutti facenti parte della base di vita della loro cultura.
Il Nativo, sa quindi dal principio della propria esistenza, di dover mantenere un equilibrio costante all' interno del "Cerchio Sacro", altrimenti inevitabilmente dovrà pagarne le conseguenze, affrontando le malattie, la sfortuna, l'insicurezza e la disperazione.
Quando quest' individuo perde il proprio posto nel mondo ed è afflitto dalla malattia di Esistere, allora ecco che sopraggiungono le cerimonie fatte dalla collettività, come l'Inpi o Capanna Sudatoria, la pittura con la sabbia, ed altre ancora.....
Tutti questi riti, in comune hanno una cosa essenziale, il Canto.
Il Canto è magia ed armonia, incide sul mondo, respinge il male, cattura il bene, riportando l'individuo nel giusto equilibrio "Sacro Cerchio".
Il canto, esprime il legame con la terra, e ne illumina gli elementi fondamentali dell'esistenza e delle immagini visionarie che lo sciamano infonde con il suo insegnamento.
Il canto, ha quindi un ruolo di rilievo fondamentale per i Nativo Americani, perché come visto è collegato alla religione, alla vita cerimoniale ed ai momenti clou della vita della comunità.
Troviamo quindi canti per il culto, per i riti di guarigione, per la guerra, per la caccia, per l'amore, per le gare atletiche, per le Danze Rituali ecc....
Il repertorio dei canti, viene tramandato da generazione in generazione e considerato il valore del canto stesso, chi lo compone, sostiene di essere un semplice interprete di composizioni che Wakan Tanka comunica loro tramite le visioni o i sogni.
La struttura del canto, è molto diverso da quelli che si vedono ai giorni nostri....
il Canto, infatti, ha una struttura molto rigida, con margini praticamente inesistenti per l'improvvisazione, e l' errore durante la loro esecuzione è spesso severamente punito. Tutto questo, perché il canto è in sostanza un Rituale che punta ad avere ed ottenere effetti precisi.
La musica che compone i canti, non è mai eseguita per puro divertimento o svago, ma ha sempre una diretta funzionalità giudicata non dal bello o divertente, ma dal buono e potente.
I testi, sono semplici unioni di sillabe, oppure passaggi poetici riferiti a miti tradizionali, i qualsi sono comunque sempre accompagnati dall' interazione di sillabe prive di senso.
Gli strumenti che accompagnano i canti, sono generalmente a percussione, quali sonagli, tamburi, bastoni e nel caso di canzoni d'amore vengono usati Zufoli e Flauti.
La danza, come movimento dell'uomo nello spazio, ha grandissima importanza, unendo a se tutti gli elementi.
Quando gli Europei sbarcarono nell'isola della "Tartaruga", i Nativo Americani contavano più di 400 nazioni tutte caratterizzate da diverse culture.
Alcuni popoli erano raccoglitori dall'età della pietra, altre erano nomadi dedicandosi alla caccia, altre ancora vivevano sullo sviluppo dell'agricoltura.
Praticamente, vi erano differenze a volte anche abissali sullo stato di ogni singola tribù.
Anche nel campo musicale questi popoli sviluppavano tradizioni e stili differenti.
Le tribù del Sud-Ovest, per esempio, stanziate nelle regioni desertiche dell'Arizona, hanno canti molto semplici nella ritmica, e creano un'atmosfera semplice e rilassata. I loro testi, risultano essere lunghi e molto articolati.
Per i Nativo Americani delle praterie, ed i Pueblo, la musica ha un rilievo più selvaggio, essendo caratterizzata da una prevalenza di sillabe senza senso nel testo, da un andamento melodico fortemente accentato, da un'espressività dura e da una voce roca e aspra.
Nonostante queste differenze formali, nella cultura Nativo Americana, "la parola ha potere in se stessa. Dal nulla si fa il suono, e il significato; la parola è origine di tutte le cose"
Ogni indiano, è consapevole che il canto, è di per se stesso sapienza.
La capacità quindi, di intonare un canto, diviene preziosa possibilità di proteggere l'uomo e la sua civiltà.

 
 

 



l'Olimpo di notte




Prima mi sono immaginata l'Olimpo di Notte.
Forme perfette, disegnate nel buio.
Statue ferme e sempre viventi.
Da arti antiche e Miti Vincenti.
Anche in Paradiso, pensai,  forse è notte.
Non posso credere che in un eden
 si rinunci sì facilmente
 al fascino eburneo  della notte,
per amor esclusivo e assoluto di luce,
ai fendenti scuri lasciati ai desideri.
Anche il buio ha i suoi perché.
Quel non vedere
è voler sapere,
ma sapere cosa?
 La prima mossa di una Ricerca
prima rosa e presto sposa.
Non era degli umili il regno di dio?
 è di chi sa di non sapere
il seme della vera conoscenza?
Filosofi di scienza
allievi nipoti e mecenati di Popper.
Giunge il momento di governanti nuovi.
Filosofi scendete dall'Olimpo
nessuno più riderà di voi
Ma grazie e solo grazie a voi
la civiltà risorgerà
trovando rediviva
la sua radice dì umanità
CHIARITàS
anche il mistero, l'Oscuro , l'indefinito ha  sua Ragion d' Essere.
Eessere e tempo, unico sentimento

sabato 16 novembre 2013

Plenilunio




Nell'appressarci a godere lo spettacolo di un nuovo plenilunio, sarà il 17 novembre, vediamo che cosa significa questo spettacolo per noi. Intanto il plenilunio è la fase lunare in cui la Luna, illuminata dal Sole, è interamente visibile dalla Terra. Questo evento cade circa una volta al mese, e ci regala una Luna visibile per tutta la notte. Quando Sole, Terra e Luna si trovano perfettamente allineati si ha un'eclissi di luna.




http://www.youtube.com/watch?v=cQSO2gkPzPM

Quando la Luna è piena tutti noi riusciamo a disporre di una gran quantità di energie dello spirito, e gli antichi la consideravano foriera di rivelazioni per l'umanità Oltra a contemplare la suggestione della luce lunare al suo pieno, è importante dedicare questa giornata alla meditazione, cercando di favorire stati di rilassamento ed empatia.



La Luna è un principio femminile dell'essere, rimanda alla ricettività e alla fertilità Non dimentichiamo che la luna è in grado di muovere le maree, e in generale spostare le acque. Basta chiedere a ostetriche e ginecologi dei reparti ospedalieri per avere conferma che moltissime donne gravide, in fase finale della gravidanza, anticipano o posticipano il parto, stimolate dall'energia lunare, che tende a far fluire le acque e a stimolare la rottura della placenta.



Questa grande Dea Luminosa è perciò in grado di recare in abbondanza doni vitali e illuminazioni.





http://www.ilcerchiodellaluna.it/central_Med_Lunapiena.html

La Luna piena è anche grande amica delle arti, non a caso moltissimi artisti si sono sentiti visitare dall'ispirazione in concomitanza col plenilunio, e hanno cercato in molte occasioni di cantare la bellezza di questa visione.



Nella poesia di Giacomo Leopardi a lei delicata la contemplazione della luna corre parallela al riemergere dei ricordi:
 
O graziosa luna, io mi rammento
Che, or volge l'anno, sovra questo colle
Io venia pien d'angoscia a rimirarti:
E tu pendevi allor su quella selva
Siccome or fai, che tutta la rischiari.
Ma nebuloso e tremulo dal pianto
Che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci
Il tuo volto apparia, che travagliosa
Era mia vita: ed è, nè cangia stile,
O mia diletta luna. E pur mi giova
La ricordanza, e il noverar l'etate
Del mio dolore. Oh come grato occorre
Nel tempo giovanil, quando ancor lungo
La speme e breve ha la memoria il corso,
Il rimembrar delle passate cose,
Ancor che triste, e che l'affanno duri!
 
 
 
 
 Il francese Guy de Maupassant pone la Luna piena al centro di un racconto molto suggestivo, romantico, e tenero, che riportiamo integralmente:
 
Portava bene il suo nome battagliero, don Marignan. Era un sacerdote alto e magro, fanatico, di animo retto ma in continua esaltazione. La sua fede era salda, senza oscillazioni. Era sinceramente convinto di conoscere il suo Dio, di capirne i disegni, le volontà, le intenzioni.
Talvolta, mentre passeggiava a gran passi lungo il vialetto del suo piccolo presbiterio di campagna, gli nasceva nella mente una domanda:«Perché Dio ha fatto questo?». Cercava, con ostinazione, mettendosi nei panni di Dio, e finiva quasi sempre col trovare la risposta. Non era lui la persona da mormorare, in uno slancio di pia umiltà:«Signore, i vostri disegni sono impenetrabili...». Diceva tra sé:«Sono il servo di Dio, quindi devo sapere i motivi delle sue azioni, e prevenirli se non li so».
In natura tutto gli appariva creato secondo una logica assoluta ed ammirevole. Domande e risposte si equilibravano sempre: l'alba esisteva perché il risveglio fosse allegro, le giornate perché le biade maturassero, le serate per preparare al sonno e le notti buie per dormire.
Le quattro stagioni coincidevano con tutte le necessità dell'agricoltura; mai lo avrebbe sfiorato il sospetto che la natura non abbia intenzioni, che tutto ciò che vive si sia dovuto piegare alle dure necessità delle epoche, dei climi, della materia.
Odiava la donna, inconsciamente, la disprezzava per istinto. Spesso ripeteva le parole di Gesù Cristo:«Donna, che v'è tra me e te?», aggiungendo:«Si direbbe che anche Dio sia scontento di questa sua opera». Per lui la donna era proprio la fanciulla dodici volte impura di cui parla il poeta. Era il tentatore che aveva trascinato al peccato il primo uomo e seguitava nella sua opera di dannazione; l'essere debole, pericoloso, che misteriosamente turba. E più ancora del loro corpo, abisso di perdizione, odiava il loro animo amoroso.
Aveva sentito spesso il loro amore riversarglisi addosso, e benché fosse sicuro d'essere inattaccabile, lo faceva andare in bestia quel bisogno di amare che sentiva fremere continuamente in esse.
Secondo lui Dio aveva creato la donna soltanto per tentare l'uomo e metterlo alla prova. Ci si doveva accostare a lei con cautele difensive, temendola come una trappola. E difatti ella era come una trappola, con le sue braccia tese e le labbra dischiuse verso l'uomo.
Era indulgente con le suore, perché i voti le avevano rese innocue; ma nonostante questo le trattava con durezza, perché sentiva sempre vivo, in fondo a quei loro cuori incatenati ed umiliati, l'eterno amore che giungeva fino a lui, benché fosse prete. Lo sentiva nei loro sguardi, più intrisi di pietà degli sguardi dei monaci, nelle loro estasi in cui si mischiava il sesso nei loro slanci verso Cristo, che lo indignavano perché si accorgeva che quello era amor di donna, amor carnale; sentiva quel maledetto amore anche nella loro docilità, nella dolcezza della voce quando gli parlavano, nei loro occhi bassi, nelle loro lacrime rassegnate quando le rimproverava con durezza.
Quando usciva dal convento scrollava la sottana e se ne andava svelto svelto, come se fuggisse un pericolo.
Aveva una nipote che viveva con la madre in una casetta vicino a lui. S'era ficcato in capo di farla diventare suora di carità.
Era graziosa, spensierata, allegra. Quando lo zio le faceva la predica, rideva: quand'egli si offendeva con lei, lo abbracciava di slancio, stringendoselo al cuore, mentre lui senza volere cercava di svincolarsi da quell'abbraccio che gli faceva godere una dolce gioia, risvegliando in lui quel senso della paternità che dorme in tutti gli uomini.
Le parlava spesso di Dio, del suo Dio, quando camminavano insieme nei sentieri in mezzo ai campi. Lei non lo ascoltava e guardava il cielo, le erbe, i fiori, con una tale felicità di vivere che le sprizzava dallo sguardo. Ogni tanto si slanciava ad acchiappare un insetto e quando l'aveva preso gridava: - Ma guarda, zio, com'è carino, mi viene voglia di baciarlo... - Quel bisogno di baciare le mosche o dei fiori irritava e sconvolgeva il sacerdote, che vi ritrovava una volta di più l'insopprimibile amore che germina sempre nel cuore femminile.
Un giorno la moglie del sagrestano, che gli sbrigava le faccende di casa, gli venne a dire con una certa cautela che la sua nipote aveva l'innamorato.
Provò un turbamento terribile, restò col fiato sospeso, col viso tutto insaponato, perché si stava facendo la barba.
Quando si riprese e poté riflettere e parlare esclamò:
- Non è vero, Mélanie; questa è una bugia!
La contadina si posò una mano sul cuore:
- Che il Signore mi fulmini se dico una bugia, signor curato. Vi dico che si vedono tutte le sere, dopo che la vostra sorella è andata a letto. Si trovano al fiume. Se volete vederli andateci, dalle dieci a mezzanotte.
L'abate smise di grattarsi il mento e cominciò a passeggiare furiosamente, come faceva quand'era oppresso da gravi pensieri. Quando volle ricominciare a radersi si tagliò tre volte, dal naso fino all'orecchio.
Restò taciturno per tutta la giornata, pieno d'indignazione e di collera. Al suo furore di sacerdote davanti all'invincibile amore si aggiungeva l'esasperazione del padre morale, del tutore, del reggitore d'anima, ingannato, derubato, preso in giro da una ragazzina; l'egoistica sensazione dei genitori ai quali una fanciulla annuncia che senza di loro e malgrado loro, ha scelto il suo sposo.
Dopo cena si sforzò di leggere un po', ma non ci riuscì; e la sua furia cresceva. Quando suonarono le dieci prese il bastone, un enorme bastone di quercia che usava sempre nelle sue uscite notturne, quando andava da qualche malato. Sorridendo guardò il grosso randello, col suo solido pugno di campagnolo gli fece fare dei minacciosi mulinelli. Ad un tratto lo alzò, e digrignando i denti lo fece piombare su una seggiola la cui spalliera, spezzata, cadde sul pavimento.
Aprì la porta e si fermò sulla soglia, sorpreso dallo splendore del plenilunio, tale che di rado capitava di vederlo.
E poiché la sua mente era eccitabile, come dovevano averla quei poeti sognatori dei padri della Chiesa, egli fu subito distratto e commosso dalla grandiosa e serena bellezza della pallida notte.
Nel suo giardinetto immerso in quella dolce luce, gli alberi da frutta allineati disegnavano sul viale, con l'ombra, le loro gracili membra di legno appena rivestito di foglie; e il caprifoglio gigante arrampicato sul muro della casa esalava un olezzo delizioso, come zuccherino, facendo ondeggiare nell'aria tiepida e limpida della sera una sorta di anima profumata.
Respirò profondamente, bevendo l'aria come gli ubriachi bevono il vino, e cominciò a camminare a passi lenti, meravigliato, estasiato, quasi dimentico della nipote.
Appena fu in aperta campagna, si fermò per contemplare la pianura inondata da quella luce carezzevole, immersa nell'incantesimo languido e dolce delle notti serene. I rospi, senza interruzione, lanciavano nell'aria il loro verso corto e metallico, e gli usignoli lontani mischiavano la loro musica che fa sognare senza pensare, musica lieve e vibrante fatta per i baci, alla seduzione del plenilunio.
Don Marignan riprese a camminare, sentendosi quasi mancare senza motivo. Era come improvvisamente indebolito, stremato; aveva voglia di mettersi seduto e di star fermo a contemplare, ad ammirare Dio attraverso la sua opera.
In fondo, seguendo le ondulazioni del fiumicello, serpeggiava una lunga fila di pioppi. Un vapore fine e bianco, solcato, tinto d'argento e reso lucente dai raggi della luna, era sospeso intorno e sulle sponde avviluppando il corso tortuoso dell'acqua con una specie di ovatta leggera e trasparente.
Il sacerdote si fermò un'altra volta, pervaso da una commozione crescente ed irresistibile.
Lo prese un dubbio, una vaga inquietudine; sorgeva in lui una di quelle domande che talvolta si poneva.
Perché Dio aveva fatto tutto ciò? Se la notte è destinata al sonno, all'incoscienza, al riposo, all'oblio di tutto, perché farla più bella del giorno, più dolce dell'alba e della sera; e perché quell'astro lento e incantevole, più poetico del sole, che pare destinato, per la sua discrezione, a illuminare cose troppo delicate e misteriose per la luce del sole, perché rendeva le tenebre così trasparenti?
Perché il più bravo degli uccelli cantori non si riposava come gli altri e gorgheggiava nell'ombra inquietante?
Perché quel mezzo velo gettato sul mondo? Perché quei brividi nel cuore, quella commozione nell'anima, quel languore della carne?
Perché un tale sfoggio di seduzioni, che gli uomini non potevano vedere, se dormivano nei loro letti? A chi era destinato un così sublime spettacolo, una simile abbondanza di poesia gettata dal cielo sulla terra?
Don Marignan non capiva.
Ed ecco che in fondo alla prateria, sotto la volta di alberi bagnati di nebbia lucente, apparvero due esseri che camminavano stretti.
L'uomo era più alto, teneva per la spalla la sua compagna e ogni tanto la baciava sulla fronte. Essi animarono d'un tratto l'immobile paesaggio che li circondava come una divina cornice fatta apposta per loro. Parevano un essere solo, a cui quella notte calma e silenziosa fosse destinata; e camminavano in direzione del sacerdote come una vivente risposta, la risposta che il suo Signore dava alle sue domande.
Il sacerdote restò immobile, col cuore che gli batteva forte sconvolto; gli pareva di assistere ad una scena biblica, come gli amori di Ruth e Booz, al compiersi della volontà divina in mezzo a uno di quegli scenari grandiosi di cui parlano i sacri libri. Cominciarono a ronzargli per il capo i versetti del Cantico dei Cantici, le grida ardenti, i richiami dei corpi, tutta la calda poesia del poema ardente d'amore.
«Forse Dio ha creato queste notti per velare con l'ideale gli amori degli uomini», disse tra sé.
E indietreggiò davanti alla coppia allacciata che seguitava a camminare. Eppure era la sua nipote; ma si chiedeva se non avrebbe disubbidito a Dio. Dio non permette l'amore, se lo circonda d'un simile splendore?
Fuggì smarrito, quasi vergognandosi, come se fosse penetrato in un tempio nel quale non aveva diritto d'entrare. 
 
 
 
Buona Luna piena a tutti.
 
 


giovedì 14 novembre 2013

consiglio di lettura

Nel bicentenario verdiano si consiglia la lettura di questo articolo:
http://www.insideart.eu/2013/11/14/cantando-giuseppe-verdi/

Chiaritas: "tutta la verità": La giornata mondiale della gentilezza

Chiaritas: "tutta la verità": La giornata mondiale della gentilezza: Il 13 novembre è la Giornata mondiale della gentilezza. Per celebrarla basta fare una gentilezza nel corso della giornata. Un gesto a co...

Chiaritas: "tutta la verità": La giornata mondiale della gentilezza

Chiaritas: "tutta la verità": La giornata mondiale della gentilezza: Il 13 novembre è la Giornata mondiale della gentilezza. Per celebrarla basta fare una gentilezza nel corso della giornata. Un gesto a co...

La giornata mondiale della gentilezza



Il 13 novembre è la Giornata mondiale della gentilezza. Per celebrarla basta fare una gentilezza nel corso della giornata. Un gesto a costo zero, dai grandi tornaconti. Una gentilezza può risultare tanto inaspettata quanto gradita. Secondo studi autorevoli chi è capace di gentilezze nel mondo del lavoro, difficilmente incontra la brutta esperienza del licenziamento o del rimprovero. Risulta difficile trattare male chi riserva a tutti u sorriso e una mano tesa in aiuto.

Solo le persone gentili sono veramente forti, la gentilezza è una veste rivestita di bellezza interiore che si irradia nell'ambiente facendolo diventare più gradevole e caldo. La gentilezza non costa nulla, ma rende molto.

Da anni esiste un  World Kindness Movement, singolare movimento che si preoccupare di diffondere la cultura della gentilezza, che attraverso piccoli gesti quotidiani è in verità capace di cambiare il mondo e i suoi abitanti. Nel 2000 è nato un Movimento per la gentilezza italiano, il cui scopo ultimo è diffondere quanto più possibile il principio ispiratore, che vuole in ognuno di noi la disponibilità a comprendere i problemi del nostro prossimo e cercare di risolverli, ricevendone in cambio la soddisfazione intima e preziosa di aver aiutato qualcuno. Poi, più concretamente, nella nostra epoca e nel nostro contesto sociale, l’obiettivo emergente risulta essere una più profonda e concreta diffusione della gentilezza fra i concittadini, del senso civico, del rispetto delle regole, della cosa pubblica, dell’ambiente e delle persone, nel quadro di una più armonica convivenza tra gli uomini.


Siate gentili, a volontà, e non solo oggi.
http://www.gentilezza.org/



mercoledì 13 novembre 2013

Chiaritas: "tutta la verità": l' Olimpo di notte, poesia libera

Chiaritas: "tutta la verità": l' Olimpo di notte, poesia libera: Prima mi sono immaginata l'Olimpo di Notte. Forme perfette, disegnate nel buio. Statue ferme e sempre viventi. Da arti antiche e Mi...

mercoledì 6 novembre 2013

Le ore lunghe di Colette

 
 

La riconoscete? Lei è Colette, scrittrice francese, nonché la prima donna a ricevere a Parigi funerali di Stato. Poliedrico mito nazionale fu scrittrice, ma anche attrice di Music hall, giornalista, commerciante di cosmetici, sceneggiatrice ed estetista. Disinibita e innamorata della vita Colette collezionò tre mariti e innumerevoli amanti, contribuendo in modo decisivo alla modernizzazione dei costumi, protagonista della mondanità, pur non seguendo pedissequamente le battaglie femministe, fu l'esempio vivente di cosa dovrebbe essere una donna pienamente padrona della sua libertà.
La sua invenzione letteraria più riuscita fu sicuramente la bella Claudine, un concentrato di sensualità genuina e travolgente che fece sognare con le sue storie al pari uomini e donne.
Oggi vi presento un inedito di questa letterata speciale, appena uscito in libreria:
 
 
 

Ecco a voi un nuovo libro della intrigante Colette, per la prima volta tradotto in italiano, da Del Vecchio Editore: Le ore lunghe.


"
Nel 1914 il marito di Colette, il barone Henry de Jouvenel des Ursins, parte per il fronte. Lei, al tempo redattrice per “Le Matin”, lo segue. Saint–Malo, Verdun, Parigi, l’Argonne e poi Roma.
 
Nella corposa sezione Impressioni d’Italia, il genio di Colette offre un delizioso quadro di Venezia e pagine suggestive dal lago di Como. Composto tra il 1914 e il 1917, mai tradotto finora in italiano, Le ore lunghe è un reportage obliquo sulla Prima Guerra Mondiale.
 
 Mentre i quotidiani nazionali d’Europa si coprono di cronache di guerra, la scrittrice più stravagante di Francia si concentra sui giardini, sulle donne, sui colori, sul mare, sulle gonne, sulla vita. Il risultato è un resoconto delle lunghe, lente ore della guerra raccontato da chi sa filtrare il senso dell’attesa e della fantasia. Le ore che un ferito impiega a guarire, in cui una donna partorisce il figlio del nemico, ma anche ore in cui la sua Bel–Gazou assale i polli in un’aia, o le signore provano vestiti.
 
Ore coraggiose nella bellezza, perché “la gioia è dappertutto, inevitabile”, e in tempi così bui, coglierla è un atto rivoluzionario."