martedì 22 novembre 2016

21 Novembre. La Festa dell'Albero






Se abbracciare un albero è una potente panacea per l’uomo, ci sarà un perché. Questa pratica si chiama silvoterapia, serve a ritrovare il benessere e consiste nell’alzar gli occhi al cielo e alle fronde più alte d'un arbusto, per poi spalancare le braccia e stringerne uno a piacimento,  che sia olmo, quercia, pino o qualsiasi altro fusto s’imponga alla nostra vista con la sua presenza forte, longeva e calda.




Ogni volta che un albero muore, abbattuto da una nevicata, seccato dall’incuria nelle giungle del cemento cittadino, o crollato per il peso di ridondanti rami mai potati, se insomma la vista e la compagnia di un albero ci abbandona, questo evento ci fa sentire più tristi e più soli. Ma è vero anche il contrario: un nuovo albero messo a dimora è un lumino di speranza e una gioia per gli abitanti del circondario.





Per questo Grottammare, con l’impulso di Legambiente, ha onorato la Festa nazionalele dell’albero, sancita per il 21 novembre, piantando un nuovo pino nel Belvedere sul Lungomare di Viale De Gasperi, dove un tempo un albero era venuto a mancare.
Una buona abitudine, ormai divenuta tradizione, per la cittadina sul mare del piceno. Basti pensare all’arancio messo a dimora nel centro storico lo scorso anno.
Un albero nuovo è un germoglio di natura per l’umanità futura, proprio come i bambini del terzo anno della Scuola d’Infanzia e della Prima Elementare, che della città sono la nuova linfa, boccioli prossimi alla fioritura  che hanno assistito alla posa del il pino. I piccoli allievi di Grottammare sono arrivati preparati alla Festa dell’albero e hanno portato in dono pensierini, canzoni, disegni o poesie ideati e realizzati ad hoc.




Quella del 21 Novembre è stata dunque un’iniziativa gioiosa, ma anche incisivo momento di riflessione, promosso a livello nazionale da Legambiente:
“Ogni anno in Europa vengono inghiottiti dal cemento 1000 chilometri quadrati di suolo nell'assenza totale di norme condivise che lo difendano – comunica Legambiente -. Per questo oltre 300 associazioni in tutta Europa tra cui Legambiente, insieme ai cittadini, si sono mobilitati per chiedere all'UE norme specifiche per tutelare il suolo, bene essenziale alla vita, come l'acqua e l'aria. Gli alberi sono i nostri amici più preziosi in natura, ci proteggono dall'inquinamento atmosferico e acustico, contribuiscono a mitigare gli effetti dei mutamenti climatici, riducono il pericolo di frane e smottamenti. Rendono unici i nostri paesaggi, ci regalano ombra, frutti, legno. Ogni giorno, ci stringono in un abbraccio ideale che vogliamo ricambiare tutelandoli dalla pericolosa e incessante avanzata del cemento”
Insomma abbasso il cemento, evviva il verde!





mercoledì 5 ottobre 2016

Chiaritas: "tutta la verità": Roma- Costantinopoli Ag/R

Chiaritas: "tutta la verità": Roma- Costantinopoli Ag/R: Tornare a parlare di dialogo interreligioso (e “con” dialoghi interreligiosi) non è ancora mai scontato né facile. Soprattutto se il diba...

lunedì 3 ottobre 2016

Roma- Costantinopoli Ag/R

Tornare a parlare di dialogo interreligioso (e “con” dialoghi interreligiosi) non è ancora mai scontato né facile.
Soprattutto se il dibattito ha per tema la Teologia della Chiesa. O meglio le teologie delle Chiese. Quella scienza del divino che ha per strumento il culto, la fede, la preghiera. Questione prima, che si è tornata a porre su un tavolo comune ed ecumenico nello scorso evento mondiale di Chieti. A Chieti infatti, dal 15 al 22 settembre si è svolta la Quattordicesima Sessione plenaria della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa Cattolica e le Chiese Ortodosse nel loro insieme.

Toccando nel profondo essere, e su nervi talora scoperti e sensibili, la questione fondamentale. Chi è Dio? Quale il suo volto, e il suo comandamento più importante? E il suo Verbo? Come comprenderlo, interpretarlo, renderlo vita?
Le risposte, molte e ubique, talora dolorosamente divergenti per le comunità religiose e sociali sono ancora tutte valide.
Ma tutte le Chiese e religioni hanno un nesso comune: l’uomo ha bisogno di spirito, Dio può trovarsi in ogni angolo dell’universo e anzi, il cosmo che si spalanca con stupore di fronte ai nostri occhi ha assai più profonde semenze, fini e ragioni di quanto appaia alla nostra fragile scienza o alla nostra più luminosa speranza.
E la profonda umanità stessa di questo bisogno di “divino” e di ottenere intima verità è la riposta alla domanda di prima: cosa accomuna i vari credo religiosi  al mondo?
A giudicare dall’incontro di Chieti, non conta quale sia il nome di Dio quale i suoi riti e attributi. Se sia un’unità provvidente e benevola, un meccanismo intrinseco o un padre severo, o una guida ascetica, o uomo fatto uomo tra gli umili.
No. Questo Dio, del destino e del tempo, questo vento che ci spinge dentro soffiando nella coscienza e suggerendo il bisogno di verità e giustizia; questo Dio che ci spinge alla carità e alla pace. E’ per tutti. Il sinodo si pone dunque come modello di civiltà e squaderna le sue voci una per volta. Cruciale l’incontro in tempi come i nostri, in cui spesso si dimenticano i comandamenti fondamentali di Dio e della nostra più sincera coscienza. Ad esempio si possono portare le X Tavole della Legge della Chiesa Cattolica, per constatare quanto i principi trascendentali delle nostre religioni siano traditi con facilità.
A questo si aggiunga che proprio in nome della divinità si proclamano guerre, sguainano spade e caricano mitra in vari luoghi perseguitati del mondo.
Dilaniati dalla paura, dal ricatto e dalla violenza, gli abitanti non conoscono più il dono rigenerante della quiete e dell’armonia con chi sta loro accanto, più o meno lontano.
Paura, prima di tutto. Degli altri, ma anche del lato oscuro che si annida in ognuno di noi, finché non lo vorremo osservare amare e guidare. Ed è con questa paura addosso che i popoli si barricano dietro le proprie ortodossie più radicali, come fossero armature fossili e ideologiche. Che tolgono il respiro a chi le indossa e allontanano ogni rischio di contatto leale e umano con i nostri vicini, bambini donne e uomini uguali a noi,  ma diversi, per politica storia, colore della pelle, religione, e più spesso economie.
Tra lampi di guerra, scenari di lacrime e sangue, gli uomini di Chiesa provano a mettersi intorno a un tavolo come fosse una mensa comune e raccontano i propri punti di vista, cercando di ricucire gli strappi della storie, e guarire le ferite delle guerre sante e passate. E certamente ogni esponente del suo credo avrà chiesto al divino in cui ha fede di dare luce ai loro intelletti e dissetarli di verità e idee buone.
Significativo ambientare a Chieti questo cenacolo delle religioni. Città d’Abbruzzo, regione simbolo e stigma di una civiltà che dimentica di ascoltare il bisogno dei fratelli e di rispondere col cuore al loro grido di aiuto.
L’Aquila una città immensa di storia è  scomparsa, sommersa dalla disonestà e dalla slealtà di chi le promesse di tendere una mano sensibile e generosa le aveva fatte a voce alta.
In tempi di terremoti redivivi, di opere d’arte che diventano cenere per calamità o per la barbarie di guerre religiose, che vogliono colpire al cuore l’arte di un popolo nemico per cancellarlo dalla carta geografica la scelta di Chieti è dunque evocativa e ammonitrice: non dobbiamo dimenticare chi soffre accanto a noi, perché la sua infelicità renderà i nostri deschi quotidiani intristiti e il nostro benessere solo apparente e stinto.
Nella sofferenza Dio ci invia sempre un’opportunità grande. E ora il terremoto di Amatrice e degli altri luoghi d’Italia colpiti giunge a verificare se la storia è stata maestra di vita, se l’errore è stato occasione di apprendimento ed evoluzione. Amatrice non può e non deve avere il destino de L’Aquila,  perché il dolore dei terremotati e di tutti quelli a loro vicini non sarà invano.
Dare una coperta calda a chi ti abita un isolato dopo o cercare di arginare e arrestare le scie di odio nei focolai di guerra nel mondo sono la stessa cosa. Come gettare una cartaccia nel cassonetto per amore dell’ambiente casa comune, o dare acqua alla rosellina rossa del proprio giardino.





sabato 30 luglio 2016

MUSICA è PREGHIERA


Ed è attraverso la preghiera che avviene la metamorfosi dell’uomo, da peccatore bestiale si converte alla Fede in Dio, attraverso il sacrificio vivo e carnale del figlio in cui si fece umano.

Perché non sempre la conversione è immediata come l’illuminazione Paolina, spesso si tratta di un labirinto, denso di prove, sfinimenti, trabochetti e tentazione. E solo con un filo da seguire, un faro su cui puntare lo sguardo, un ordine che sia ordito, come il Filo di Arianna, si può trovare l’uscita dal buio e l’emergere della Luce.



Dunque la preghiera come veicolo di conversione ma soprattutto della inevitabile trasformazione, evoluzione dell’essere pensante e dotato di sentimenti nel mondo spoecchio di Dio che è il Mondo dei Fini. Fini alti,suggeriti da coscienza, morale, dignità, senso della Leggfe.

Ed è la Legge il perno e motore immobile dell’Uomo, la legge che segna i tratti dell’umanità, ne delimita i confini ne indica obiettivi, impedimenti, ostacoli. La Legge riserva sterminata della storia umana, del progresso del pensiero, della filosofia e della sapienza tutta che voglia avere come destinatario l’Uomo.

Le Legge diventa dunque protagonista degli scritti sacri a nostra disposizione.

Come vediamo nei dirompenti quanto rapsodici scritti di Paolo. Paolo di Tarso, immenso testimone della Fede e Esempio e baluardo della cristianità nel tempo.

San Paolo, il testimone vivente, nel senso etimologico di Martire di colui che vede e riferisce, di Colui che assiste al compiersi del piano di Dio e consegna alla posterità la parola di Dio e i gesti di Gesù Cristo. Senza troppo indugiare sui miracoli, le vicende e gli snodi della sua storia di Salvatore della Storia. Dalla Natiuvvità alla Croce, fino alla Resurrezione e la Pentecoste Gesù è il nostro tutto. E’ la legge morale, l’intenzione ideale, la via maestra. Gesù unica garanzia di Verità. Gesù unico Signoredel Regno. Perché esiste un solo Regno che conta per l’uomo, un solo regno che conforta le sofferenze con la sua Promessa di Luce, di Beatitudine e vicinanza a Dio.

Gesù giunge ad annunciare una parola nuova, una buona novella che non tutti ascolteranno e capiranno dal profondo e subito.

Una novella dirompente che si fa spartiacque incontrastato e incontestabile della  Storia.

Si dirà da quel momento in poi solo e soltanto Prima o Dopo Cristo. Non ha altre sponde o punti di riferimento assoluto. Il Tempo nel suo eterno ininterrotto fluire. Un Tempo inarrestabile e spesso imprevedibile dove poche sarebbero le certezze dell’Uomo se Gesù non avesse portato l’annuncio dio una vita più piena e appagante, quella eterna. Un tempo che avrebbe condannato l’uomo a un ininterrotto rotolare trascinato dai mulinelli e gli scorni del giorno, senza una barra del timone fissa, senza una presa di coscienza, come ancora avvelenato dal maligno sidro offerto dal seducente e spietato strisciante suono del

 serpente che si mise tra Eva e il suo uomo.

Ma come orientarsi nella foresta dei nostri giorni? Come

mercoledì 27 luglio 2016

http://www.maestroraro.it/docenti/
http://www.maestroraro.it/docenti/
M come musica. M come Maestro  M. come mamma

Con questa tripla lettera può riassumersi la formula segrata di Maestro Raro la Scuola, che meglio sarebbe chiamare Accademia, che portando per sempre la musica nella vita delle persone insegna loro che la vita dei suoni è armonia colore fantasia e una gioia che mai nessuno ci porterà via.

Nella Scuola Maestro Rari ka musica è assai più che un bagaglio illustre e multiforme di saperi e competenze e tecniche per suonare strumenti

Nella Scuola Maestro Rari, figlia del Maestri Ludovica Orestano che la ha creata scommettendo tutta se stessa, la Musica è una Magistra viutae. Tanto che la pratica dello strumento musicale, in particolare quello di pianoforte, insegnato dalla stessa ideatrice Orestano, rimane un appuntamento importante nella quotidianità di tutti gli allievi. Inclusi quelli molto impegnati all’università per la laurea, nella ricerca post lauream, in attività lavorative a tempo pieno, come quella di alcuni allievi professionisti ingegneri, medici, architetti o altro.

Ma la musica, qualunque cosa accada resta sempre.

Perché Maestro Raro / Orestano insegna che la disciplina che sta dietro alla pratica strumentale, l’impegno morale, psicologico, umano che richiede, sono le stesse virtù richieste dagli altri scomparti del vivere quotidiano. Ma nella musica tali talenti sono richiesti in quantità superiore e nella veste qualitativa più scintillante.ù

Perché suonare p vivere ed esprimere le emozioni ma averne un controllo millimetrico

Imparare a leggere nella storia del pensiero e della musica

Immedesimarsi negli stati di animo del compositore e restituirli nell’interpretazione dei loro spartiti senza tradirne la spontaneità e autenticità

Facendobun passo indietro col proprio ego e restare ammirati dell’ingegno altrui, del frutto del genio musicale o artistico inngenerale

Suonare è comprendere quanto sia difficile essere un genio

Quantosacrificio richieda la creatività

Quanta disciplina pretenda la fantasia per potersi liberare dalla mente umana e dare vita a creazioni uniche, classiche, immancabili

Fonti continue di nuova linfa

Aiuto morale e spirituale a sopportarele brutture della vita

Rendendosi conto che qualunque cosa accada

Abbiamo accanto a noi, a portata di mano, pronto a brillare in uno sguardo, tutto l’universo

La natura, che è madre, matrigna, ci riempie con la sua bellezza e la sua complessità.

La musica ci tende dunquer una mano, risuona dentro di noi, come una riuconoscibike e antiuca musica ro resoiro universale.

La Musica, musa dei grandi ci tende una mano, offre un saggio di sé e ci salva.

Salva noi e salva il mondo intero. Nello spazio e nel tempo..

La scuola Maestro Raro è in cerca di musicisti, interessati a vivere la musica come esperienza totalizzante.

Interessati a vivere la scuola come luogo della comunità di coloro che sono assetati di sapere e animati dallo spiritello della curiosità

Maestro Raro è uno spazio per chi ama le sfide, per chi sa cadere per mostrare la più grande forza che occorre a rialzarsi.

Maestri Raro è una scuola per chi ama condividere dai momenti conviviali, ai concerti in giro nei luoghi culturali della capitale, da una serata dopo cena durante un seminario fuori Roma Maestri Raro cerca allievi e musicisti interessati a giocare ancora a Trivial o Tabù nelle fresche serata nella hall di un albergo. Durante la vacanza studio, il master di specializzazione, o il weekend di avvio al concerto.

Maestri Raro ha interesse per Musica da Camera, Musica d’insieme, Musica orchestrale, concerti per pianoforte e orchestra.

Ogni forma musicale mai esperita dalla creatività musicale umana sarà oggetto di studio teorico, di riscontro pratico e di sintesi critica.

Maestro Raro ha sommo interesse per la contemporaneità, per una scuola sempre “connessa”, avvezza ai comfort della tecnologia, aperta al cambiamento e capace di conciliare la tecnologizzazione della vita quotidiana e anche artistica copn la irremovibile esigenza del costante contatto umano, sensuale, affettivo.

Maestro Raro ha sopra ogni cosa a cuore lìampre.

Amore per la musica, amore per i giovani. Amore per la vita.

Chiara Crialesi

venerdì 15 luglio 2016

Chiaritas: "tutta la verità": Essere arte immersa nell’arte nonsempre è facil...

Chiaritas: "tutta la verità":


Essere arte immersa nell’arte nonsempre è facil...
: Essere arte immersa nell’arte non sempre è facile. Anzi. Si è controcorrente, controvento, talmente avanti da non essere compresi o a...

Chiaritas: "tutta la verità": Essere arte immersa nell’arte nonsempre è facil...

Chiaritas: "tutta la verità":


Essere arte immersa nell’arte nonsempre è facil...
: Essere arte immersa nell’arte non sempre è facile. Anzi. Si è controcorrente, controvento, talmente avanti da non essere compresi o a...




Essere arte immersa nell’arte non sempre è facile. Anzi. Si è controcorrente, controvento, talmente avanti da non essere compresi o addirittura diventare temuti, criticati, messi all’angolo per le proprie profetiche intuizioni. Essere artista significa amare e soffrire, e sempre in salita. Come ogni pecora nera che si rispetti.

Verdecchia Piero, Classe 1984, nato a Grottammare, in provincia di Ascoli Piceno. “Ragazzo semplice amico di tutti, grande fratello incompreso dalla sua stessa “ridente cittadina, di mare morente” è qualcosa in più, ma poco altro possiamo dire. Perché Verdecchia, in arte CìPìCì , non ha ancora minimamente capito cosa vuol fare nella vita.

Anzi, della sua vita. La sua sì. Perché Pièr è uno dei tanti esempi viventi e brillanti del disagio giovanile, che falcia fresche promesse di futuro tra i suoi cittadini pur di non investire qualcosa in più nel loro potenziale. Pur di non accollarsi l’impegno di lasciar loro un’eredità morale, molti talenti nostrani sono gettati dai governanti  nell’ombra, appartati negli spazi destinati agli ultimi, agli scartati, ai diseredati e rinnegati.

Ma, come scrive Papa Francesco nel suo saggio dedicato all’arte, quest’ultima ha il dovere di essere sempre universale e assoluta, e proprio per questo di arrivare indistintamente a tutti, anche a chi non ha mezzi o voce in capitolo nel procedere del nostro attuale sistema agonizzante. Poco sociale e locale, ma molto globale.

L’arte germina dunque dal rifiuto, dalla pietra di scarto che, come un atto di giustizia, si fa pietra angolare. Dal rifiuto rinasce tutto, come dal letame. E di rifiuti Pier ne conosce tanti. Non solo quelli dei suoi cari, degli amici, o quello inferto anche agli altri compagni di sventura. Gli insulti, nati quasi sempre dalla Gorgone della vox populi hanno bollato tutto il pacchetto - Piero con una parola, piccola ma dura come macigno: Piero? Piero chi? Il tossico?

E mentre l’establishment dell’arte, il gotha delle gallerie e le massaie di paese ignorano la fervida mente creativa del Verdecchia, intanto nel SERT di San Benedetto del Tronto una splendida Madonna in bianco e nero, disegnata per rabbia o per amore, dal giovane artista di Grottammare, viene svenduta velocemente e di soppiatto in cambio di una boccetta in più di metadone.

Mentre nelle cabine telefoniche l’artista combatte contro l’astinenza e cerca di raggiungere lo spacciatore, quel suo angelo della morte quotidiano,  con l’ultima telefonata e gli ultimi spicci, mentre pervicace cerca una dose ecco che il genio intanto s’invola, Piero prende il suo pennarellone nero e inizia a tracciare segni.

Segni polimorfici e a volte polimaterici, mischiati a sputo, foglie, tabacco e gocce di alcol e sangue. Sono segni che sono segnali, che non sanno da dove nascono né dove vogliono arrivare. Immagini in nuce, ancora solo nella mente di Dio, perché quando lui posa la punta della matita o del pennarello sulla liscia e bianca carta non sa cosa deve fare. Piero riporta e lascia all’umanità indizi di sé scrivendo sui vetri di plexiglas delle ultime cabine telefoniche sopravvissute alla rottamazione, sui muri del centro commerciale, lungo gli snodi serpentini della ferrovia regionale, sotto le finestre delle più belle ragazze del posto, o tra le sottovesti della sua preferita amante e fatina Clara C.

Piero è un segno tracciato appena, quasi schizzato di getto, e in perenne movimento e divenire, Un segno timido, che ancora non coglie la sua più essenziale e intima strada: sono pittore? Sono scrittore? O semplicemente sono Piero il tossico?

E mentre il dubbio di questa domanda si dipana nella mente spesso solitaria, a volte troppo socievole per riuscire tollerabile, e a volte divinamente visionaria, intanto l’arte si fa strada, avanza imperterrita e innamorata della vita tutta, attraverso il canale privilegiato del ritratto. La carne, gli sguardi, le labbra, gli incarnati e le gote. Fino in fondo. Nell’anima della gente, di chi si fa guardare, lì dove nel volto di un uomo o di una donna il sole esplode dietro agi occhi e l’alba si arresta.

E se i luoghi comuni, pur stucchevoli e ritriti, hanno pur sempre le loro ragioni, e se dunque è vero che “trovatelo voi oggi un giovane artista che sappia ancora fare un ritratto, che sappia disegnare un volto o cesellare con l’ombreggiatura una muscolatura! ”, allora è altrettanto vero che Piero è un artista diverso. Una promessa di futuro che coniugherà la tecnica e l’olimpica classicità con la più caustica e struggente contemporaneità.

E’ l’essere attuale e l’esserci di un gesto artistico che non sa minimamente quanto possa essere bello.

Terra vergine emersa dal grigiore di una provincia qualunque,  Piero Verdecchia farà parlare di sé.

Sia pure continuando a restare tra gli invisibili.-  Ma non era l’invisibilità il più grande dono di ogni uomo quando diventa supereroe?-  ricorda l’acclamatissimo street artist Banksy.

Ma se le cose procedono su questo crinale, tra un’iniezione di eroina e l’ispirazione alta della prima mattina l’arte di Piero crescerà e feconderà il terreno.

Fino ad arrivare, anonima, ultima tra gli ultimi, sorniona e sovversiva, sulla scrivania del grande artista senza volto e senza connotati Banksy. Uno dei più quotati.

E a quel puto sarà l’artista americano ad avere un ritratto, sia esso una Donna, una Madonna o una puttana,  del Piero Verdecchia piceno, di mano sensibile sensuale e sensitiva, ma senza identità. Questa Madonna Nera arriverà. Per campeggiare in eterno nella fervida stanzetta di Banksy, artista tra gli artisti, sorpassato dall’istante di arte, sincero, presente e vivo,  di Piero. Piero tossico. Ma soprattutto Piero artista.

Chiara Crialesi
https://www.facebook.com/piero.verdecchia/photos?source_ref=pb_friends_tl


sabato 9 aprile 2016

Sense Sound




Intervista a Peterlini

Fondazione Musica per Roma apre le porte dell'Auditorium Parco della musica per una mostra su Fluxus: Sense / Sound. Una mostra "didattica" che attraverso la visualizzazione di musiche o l'ascolto di immagini ci immerge in un movimenti artistico che ha gettato semi poi cresciuti nelle più incisive poetiche artistiche contemporanee. Sarà dunque possibile entrare in contatto con musiche che difficilmente si ascoltano e si potranno vedere le opere visive in tutta la loro volumetrica fluidità. La componente interattiva e tecnologica rendono questo progetto molto interessante per i più giovani e per tutte le età. Poster, dischi, libri d'artista ad argomento musicale. La mostra si estende al Foyer della Sala Petrassi dell'Auditorium Parco della musica di Roma,

Il logos di partenza è un discorso sulla notazione musicale, intorno alla quale si sono snodati molti ragionamenti di Fluxus e grazie alla quale è stata messa in pratica una metodologia performativa e una grammatica combinatoria esemplare.

La mostra inaugura il 7 Maggio ed è visibile fino al 2 Luglio

Abbiamo raccolto qualche riflessione e ambizione di Peterlini, il Direttore della Fondazione Bodotti e co- curatore del percorso espositivo, insieme a  Walter Rovere e con la collaborazione di Giorgio Maffei.

 

Sensus potrebbe definirsi un evento Fluxus anch'esso?

No. Diciamo che dà la possibilità di vedere e sentire alcune cose, ma non è un' azione Fluxus.

Più una storia di Fluxus?

No. Più un aspetto didattico. E' una mostra didattica, le sculture sono quasi tutte visive fatte quasi tutte di parole. Così che avere la possibilità di ascoltare il risultato vedendo come si traducono in musica diventa una operazione didattica.

Da dove nasce il suo interesse per Fluxus?

Sono stato assistente di un poeta visivo che mi ha messo in contatto anche con gli altri, come Patterson.

Poi ho lavorato con Francesco Coch.

Ho incontrato la poesia di Fluxus per caso quando ero molto giovane e poi non la ho più abbandonata.

Ma la musica ha bisogno delle immagini?

Alcune sì.

Quale musica classica le piace?

Un po' tutta la musica.

Ma quale musicista incontra di più la sua sensibilità poetica?

Cage sicuramente.

Il suo grande maestro di Fluxus e nella pratica curatoriale?

Nella musica tutto fa riferimento alla musica di Cage.

 

Cosa è la musica di Cage?

In Cage il focus è l'indeterminato nella musica.

 

Dovendo spiegare a scuola agli allievi cosa è Fluxus e cosa rappresenta nella storia dell'arte.

Fluxus è un atteggiamento verso l'arte e verso la vita.

La postura verso la vita si caratterizza per una grande attenzione rispetto a cosa è il caso e l'incontro.

 

Perché si è scelto il nome Fluxus?

Il nome è stato scelto da Machunas che fu l'organizzatore del gruppo, perché in latino vuol dire Flusso.

 

Cosa può ereditare e riprendere l'arte contemporanea da Fluxus. Cosa ha seminato nel futuro?

In verità tutta l'arte contemporanea è influenzata da Fluxus.

Parte dal concettuale alla azione pura. Molte influenze sono state suggerite dal lavoro di Fluxus.

 

Come si è trovato nello spazio dell'Auditorium.

E' uno degli spazi più vivi e interessanti in questo momento. Molto interessato alla città, con una offerta variegata e una ricerca dettata dalla curiosità. Un luogo giusto per persone attente alla musica a riscoprire quello che è stato fatto.

 

E con Fondazione musica per Roma come si è trovato?

Un interlocutore molto attento, aperto e competente.

 

Un suo progetto in cantiere?

Su Gino Pellegrini, uno dei maggiori scenografi italiani. Da giovane negli Stati Uniti ha lavorato con Kubrik, Hitchcock. Ha lavorato con televisione e per molti sceneggiati della Rai o trasmissioni come quelle di Cochi e Renato.

 

Un sogno ancora da realizzare?

Un lavoro sulla poesia contemporanea.
 

 

 

 

 

 


venerdì 1 aprile 2016

Sere come viole del Pensiero



Ci sono sere diverse, in cui da solaè solo una buona musica che mi potrà salvare.Sere come questaammessa solo al gatto, che di psichedelia è avvezzoSera sola, perché da qualcuno abbandonata.
Ma anche sola perché questa sera l'ho cercata
voluta, e coltivata.
Sere per stare in compagnia di musica,
a cercar pensieri tristi
come viole del pensiero
o gigli solitari.
Sere in cui pensare, e curare pensieri di
viva nostalgia.
Di avvilita malinconia e quanto altro sia.
Sere in cui piace vedermi lacrimare

www.lavocedella bellezza.it



Sere in cui sogno
Perché sotto vorrei solo amare.
C.C.
Ma anche sola perché questa sera l'ho cercatavoluta, e coltivata.Sere per stare in compagnia di musica,a cercar pensieri tristicome viole del pensieroo gigli solitari.Sere in cui pensare, e curare pensieri di viva nostalgia.Di avvilita malinconia e quanto altro sia.Sere in cui piace vedermi lacrimareSere in cui sognoPerché sotto vorrei solo amare.C.C.

Paolo Poli non c'è più.
O forse resterà per sempre.
La sua maschera il timbro di voce l'ironia e il gioco
Paolo Poli se n'è andato ma dalla scena non si è mosso.
Ascolteremo ancora le sue fantasticherie e rideremo ancora le sue parodie
omaggi continui al teatro, alla maschera e la fantasia
Paolo Poli so che tu riposi ma non ci farai mancare il suono e il gesto della tua voce.

C.C.