martedì 31 dicembre 2013

Naufragar m'è dolce

Al Teatro Spazio di Roma lettura emozionante degli immortali canti di Leopardi

domenica 29 dicembre 2013

le mille invenzioni di Archimede


 
 
Nell'immaginario collettivo il ricordo di Archimede è indissolubilmente legato a due aneddoti leggendari. Vitruvio racconta che avrebbe iniziato ad occuparsi di idrostatica perché il sovrano Gerone II gli aveva chiesto di determinare se una corona fosse stata realizzata con oro puro oppure utilizzando all'interno altri metalli. Egli avrebbe scoperto come risolvere il problema mentre faceva un bagno, notando che immergendosi nell'acqua provocava un innalzamento del livello del liquido. Questa osservazione l'avrebbe reso così felice che sarebbe uscito nudo dall'acqua esclamando heureka! (ho trovato!).

Se non fossimo a conoscenza del trattato Sui corpi galleggianti non si potrebbe dedurre il livello dell'idrostatica archimedea dal racconto vitruviano. Vitruvio riferisce che il problema sarebbe stato risolto misurando i volumi della corona e di un eguale peso d'oro immergendoli in un recipiente colmo d'acqua e misurando l'acqua traboccata. Si tratta però di un procedimento poco plausibile, sia perché comporta un errore troppo grande sia perché non ha alcuna relazione con l'idrostatica sviluppata da Archimede. Secondo una ricostruzione più attendibile, anche perché attestata nella tarda antichità, Archimede aveva suggerito di pesare la corona e un quantitativo di oro uguale in peso immersi entrambi in acqua. Se la corona fosse stata tutta d'oro la bilancia sarebbe stata in equilibrio. Poiché invece la bilancia si abbassò dalla parte dell'oro, se ne potette dedurre che, essendo pari i pesi, la corona doveva avere subito una maggiore spinta idrostatica verso l'alto e quindi doveva avere un maggiore volume, il che implicava che doveva essere stata fabbricata impiegando anche metalli con densità minore dell'oro (come l'argento). Secondo un altro aneddoto altrettanto famoso Archimede sarebbe riuscito a spostare da solo una nave (o l'avrebbe fatta spostare dal solo Gerone) grazie a una macchina da lui inventata. Esaltato dalla sua capacità di costruire macchine con cui spostare grandi pesi con piccole forze, in questa o in un'altra occasione avrebbe esclamato: “datemi un punto d'appoggio e solleverò la Terra”.
 
 
 
 

La frase è riportata, con leggere varianti, da vari autori, tra i quali Pappo di Alessandria e Simplicio.
« Ad un tratto entrò nella stanza un soldato e gli ordinò di andare con lui da Marcello. Archimede rispose che sarebbe andato dopo aver risolto il problema e messa in ordine la dimostrazione. Il soldato si adirò, sguainò la spada e lo uccise. »

giovedì 12 dicembre 2013

strette di mano storiche

Stringere la mano è un messaggio forte e importante.


Uno studio che sarà presto pubblicato sul "Journal of Cognitive Neuroscience" dimostra in modo scientifico l’importanza della stretta di mano sulla prima impressione che abbiamo di un’altra persona. Esperimento: 18 volontari gardavano video in cui persone si stringevano la mano oppre no. Hanno giudicato positivamente solo le prime scenette.
• Ogni persona stringe la mano almeno 15.000 volte nell’arco della sua vita.
• Tipi di stretta di mano. A "schiaccianoci", forte e decisa (talvolta si mette anche l’altra mano sulla spalla di chi si saluta), indica che la persona vuole dominare; "floscia", solo con le punte delle dita, indicano sfuggevolezza e debolezza; "decisa", purché non troppo forte (aggressività), indica carattere equilibrato.
• I geroglifici egiziani di cinquemila anni fa che mostrano uomini darsi la mano a significare il raggiungimento di un accordo.
• I monarchi babilonesi stringevano le mani della statua del dio Marduk, simboleggiando così il trasferimento dei poteri da quello a loro.
• Tra Greci e Romani ci si salutava stringendosi reciprocamente l’avambraccio destro per dimostrare di non nascondere armi nella manica.
• Regole del galateo: la donna porge la mano all’uomo; la persona più anziana o gerarchicamente più importante porge la mano al più giovane o al meno importante; l’uomo deve sempre togliersi i guanti, la donna può tenerli; la stretta deve essere ferma, non flaccida né troppo forte, facendo sempre attenzione se l’altro porta anelli; non oscillare il braccio su e giù; non toccare l’interlocutore con la mano libera; la presa deve coinvolgere tutto il palmo e non solo le dita.
• I giapponesi usano darsi la mano solo in contesti di lavoro: tra amici non si saluterebbero mai così.
• Starace vietò la stretta di mano e rese obbligatorio il saluto romano: "La stretta di mano, specie nelle cerimonie ufficiali, deve essere assolutamente abolita perché è antiestetica, serve a far perdere del tempo, oppure è causa di disagio per le inevitabili esclusioni che ne derivano". Chi persisteva nell’abitudine andava segnalato alle autorità come "dedito alla stretta di mano".
• Velina ai giornali datata 21 novembre 1938: "Non pubblicare fotografie con strette di mano, anche se tali strette siano fatte tra altissime personalità". Tra le foto censurate ce n’è una in cui Mussolini dà la mano a Hitler e un’altra nella quale stringe, con un inchino, quella di Vittorio Emanuele III.
• Tra i musulmani non è permesso dare la mano a una persona estranea dell’altro sesso. Anche in India un uomo non deve dare la mano a una donna.
• Vietato agli studenti universitari dell’Uzbekistan salutarsi stringendo la mano. Regola introdotta per "difendere l’integrità etica dei membri delle istituzioni culturali più elevate" (così ha decretato il dittatore Islam Karimov).
• Il lanciatore del disco iraniano che alle ultime Paralimpiadi s’è rifiutato di dare la mano alla duchessa Kate Middleton. Ciò perché in Iran non si possono avere contatti con donne con cui non si hanno legami di parentela.
• Il Comitato olimpico britannico prima delle ultime Olimpiadi consigliò a tutti gli atleti di non stringere la mano a nessuno per evitare di prendersi qualche virus. • Quelli della London School of Hygiene hanno calcolato che si passano più microbi di raffreddore con la stretta di mano che con un bacio sulla guancia.
• Mani analizzate in Inghilterra: il 44% presentava sulla superficie batteri fecali.
• George W. Bush solito spruzzarsi di disinfettante dopo le strette di mano ufficiali.
• Gadda, terrorizzato dall’idea del contagio, non volle stringere la mano ad alcuni scrittori malati di sifilide incontrati al caffè Giubbe Rosse di Firenze.
• Il rifiuto di dare la mano per timore di infezioni fa parte dei disturbi ossessivi compulsivi.
• Si dice che il miliardario americano Donald Trump si astenga dallo stringere la mano.
• Non è vero, come si è sempre detto, che Hitler non volle stringere la mano di Jesse Owens, atleta nero americano vincitore di un oro alle Olimpiadi di Berlino: il mancato incontro fu provocato dal presidente del comitato olimpico francese, il conte Henri Graf de Baillet-Latour, che chiese la sospensione del cerimoniale in cui Hitler si intratteneva coi vincitori nella sua tribuna d’onore, perché non previsto dal protocollo.
• Il principe Carlo ai funerali di papa Giovanni Paolo II fece arrabbiare tutti dando la mano a Robert Mugabe, presidente-dittatore dello Zimbabwe, boicottato da tutti ("mi ha colto di sorpresa", si giustificò).
• Le strette di mano più famose della storia: tra Adolf Hitler e Neville Chamberlain (22 settembre 1938); Winston Churchill, Harry Truman e Stalin (17 luglio 1945); John F. Kennedy e Nikita Krusciov (3 giugno 1961); Mao Zedong e Richard Nixon (febbraio 1972); Menachem Begin e Anwar Sadat (26 marzo 1979); Ronald Reagan e Mikhail Gorbaciov (19 novembre 1985); Nelson Mandela e de Klerk (1990); Ytzhak Rabin e Yasser Arafat (13 settembre 1993).
• Sportivi che rifiutano di darsi la mano: Suarez a Evra, Ferdinand a Suarez, Ferdinand a Terry, Bridge a Terry, Mazzarri a Montella, Mazzarri a Carrera, Ferrara a Zeman, Domenech a Parreira, Pedrosa a Simoncelli eccetera.
• John McEnroe aveva l’abitudine di non stringere la mano agli arbitri trovandoli tutti insopportabili.
• Secondo un sondaggio, solo il 45% dei giovani con meno di 25 anni dà la mano per salutarsi, preferendo baci, abbracci o il "give me five". Anche il 74% degli adulti ammette di stringere la mano meno di quanto faceva una volta.
• "I see friends shaking hands saying how do you do. /They’re really saying I love you"

mercoledì 11 dicembre 2013

Cristo morto di Mantegna



Il Cristo morto di Mantegna, tempera su tela databile tra il 1475 e il 1478 torna in una nuova prospettiva nell'ultimo allestimento curato da Ermanno Olmi a Brera da domani a disposizione dello stupore dei visitatori. Questa volta infatti il quadro è disposto a 67 centimetri dal suolo, vale a dire che per vederlo gli occhi delle persone dovranno abbassarsi, ma per gustarlo in tutta la sua forza iconica e spirituale dovranno inginocchiarsi. Il Cristo è sceso sulla terra per salvare l'umanità e ha affrontato tutte gli abissi del dolore del corpo, facendosi esempio di sofferenza in nome di un ideale più elevato, Sarà un'esperienza intensa e forse in grado di cambiarci dentro, guardare quello scorcio prospettico da vertigine, quell'uomo divino ma come noi, che ha la particolarità di seguire l'osservatore che ne fissi i piedi, scorrendo lo sguardo davanti al quadro stesso.




Questa tela celeberrima è accostata alla Camera degli sposi, per il contenuto illusionistico della prospettiva. Siamo nel pieno del Rinascimento, declinato nella sua carica più espressionista,  un punto di vista che  è l'esito estremo del cosiddetto "scorcio dell'oculo" Nel 1506 il dipinto veniva acquistato dal cardinale Gonzaga. Alcuni studiosi, attraverso un ragionamento "indiziario" hanno concluso che i "Cristo morto" fossero due.
A chiunque abbia la fortuna di vedere questa nuova collocazione dell'opera auguriamo che la visione si un balsamo per lo spirito capace di infondere forza morale e coraggio, nell'attraversare la sofferenza e trovare il proprio paradiso.

martedì 10 dicembre 2013

Sir Antonio Pappano

Lavori in corso, intanto rileggete la voce su Wikipedia:
Figlio di genitori italiani di origine beneventana emigrati a Londra come inservienti di un ristorante, Pappano si appassiona alla musica sin da ragazzo grazie all'ausilio del padre, un amatore di musica operistica italiana che suonava per diletto il pianoforte. Trasmessa al figlio la passione, Pappano rivela buone doti di esecutore già a 12 anni, quando è in grado di accompagnare al pianoforte alcuni giovani studenti inglesi di canto. Nel 1973 si trasferisce, con la famiglia originaria di Castelfranco in Miscano, negli Stati Uniti, dove prosegue privatamente gli studi di pianoforte sotto la guida di Norma Verrilli, quelli di composizione con Arnold Franchetto e infine quelli di direzione d'orchestra con Gustav Meier. Pur avendo studiato musica sin dall'età di sei anni, Antonio Pappano si è formato al di fuori delle istituzioni musicali e non ha conseguito alcun diploma, neppure in pianoforte, circostanza che ha generato contestazioni anche pesanti presso alcune istituzioni musicali e teatrali di paesi europei e americani. Ciò nonostante, Pappano riesce a ottenere un incarico per lavorare come assistente di alcuni direttori ospiti a Chicago. Nel 1981 inizia a collaborare con la New York City Opera. Negli stessi anni lavora anche altrove; alla San Diego Opera si autoassume persino il compito di suggeritore per la lingua italiana di Joan Sutherland in Adriana Lecouvreur.
Molto religioso e sensibile al problema della divulgazione della cultura musicale, Pappano è stato il direttore più giovane delle orchestre della Royal Opera House di Londra, dove ha diretto sia la Royal Opera che la Royal Ballet. Come pianista e direttore ha attirato l'attenzione di Daniel Barenboim, di cui diviene assistente al Festival di Bayreuth. Ha lavorato a Barcellona e a Francoforte, ed è stato assistente di Michael Gielen. Nel 1990 diviene direttore musicale della Den Norske Opera, dopo aver debuttato come direttore in Norvegia nel 1987. Nel 1992 Pappano diventa direttore musicale del teatro La Monnaie in Belgio; incarico che mantiene fino al 2002. Nel frattempo, nel 1999, viene nominato anche direttore musicale della Royal Opera House, Covent Garden, di cui diviene effettivo dal settembre del 2002. È stato anche direttore ospite della Israel Philharmonic Orchestra, e ha diretto la English National Opera (ENO), la Metropolitan Opera (1997), la San Francisco Opera, la Lyric Opera of Chicago e la Berlin Staatsoper. Il 17 luglio 2009 ha diretto il concerto del "VERDI gala" in piazza Plebiscito a Napoli con i cori e le orchestre dell'accademia di Santa Cecilia e del teatro San Carlo di Napoli.
Dal 1º ottobre 2005 Pappano viene nominato direttore musicale dell'orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma, succedendo a Myung-Whun Chung. Dirige inoltre regolarmente la London Symphony Orchestra, la Cleveland Orchestra, la Chicago Symphony Orchestra, la Berlin Philharmonic Orchestra e la Royal Concertgebouw Orchestra.
Il 16 aprile 2007 Antonio Pappano è stato nominato Accademico Effettivo dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia.
Nei primi giorni del 2012 riceve la notizia della sua nomina a baronetto da parte della regina Elisabetta II, con cerimonia il 15 maggio, notizia che lo stesso Pappano ha dato durante la trasmissione Che tempo che fa di domenica 4 marzo 2012

domenica 8 dicembre 2013

I Bronzi di Riace tornano a casa





Il grande Nostos dei Bronzi di Riace è dato certo. Lo ha annunciato con orgoglio il Ministro per i Beni Culturali Massimo Bray, che aveva fatto della restituzione al Museo della Magnagrecia di Reggio Calabria delle due pregiatissime statue del V sec. a. C. uno dei suoi obiettivi prioritari.
E' stata una dura lontananza da casa per i due eroi bronzei che vengono dal Mare, ritrovate per caso da un sommozzatore romano, Stefano Mariottini,  a 8 metri dal fondo della costa di Riace, nel cuore dello Ionio.



Solo un braccio spuntava dal fondo della sabbia, ma tanto bastò al giovane per capire di aver trovato un tesoro. Vennero chiamate statua A e statua B e sono diventati un simbolo della città nonché patrimonio dell'Unesco, testimonianza delle migliori conservate della maestria scultorea greca.



Nel 2009 sono stati tolti dal museo che li ospitò dopo il ritrovamento, e sono stati messi, in posizione orizzontale, a Reggio Calabria, nella sede del Consiglio regionale, a causa dei lavori di ristrutturazione del Museo.



Finalmente gli eroi che vengono dal mare tornano a casa, nel museo affacciato sul lungomare più bello d'Europa, e c'è da giurare che attireranno molti visitatori a rendere omaggio ai due bell'imbusti, spesso citati come metafora di bellezza spiazzante e coriacea.
Finalmente, soprattutto, torneranno in piedi, in tutta la loro sfolgorante bellezza. Dopo che i due emersero dalle acque furono sottopposti a esame radiografico a Firenze, la loro straordinaria fattura è stata un grande contributo a scoprire i segreti della scultura greca. Se ne comprese la struttura interna e lo stato del metallo. Sono chiamati bronzi, ma c'è dell'altro: argento per i denti della statua A e per le ciglia d'entrambe le statue, avorio e calcare per le sclere, rame per le labbra e le areole dei capezzoli di entrambe le statue.
I due portenti furono prima esposti a Firenze nel Museo archeologico, poi a Roma, prima di approdare nel capoluogo calabrese.



Stupefacente è l'elasticità muscolare dei due bronzi, dovuta alla posizione cosiddetta "a chiasmo"; la datazione resta ancora incerta e oggetto di contrastanti ipotesi da parte degli studiosi; il bronzo A appare più nervoso e vitale, mentre il bronzo B sembra più calmo e rilassato. Le statue trasmettono una notevole sensazione di potenza, dovuta soprattutto allo scatto delle braccia che si distanziano con vigore dal corpo. Il braccio piegato sicuramente sorreggeva uno scudo, l’altra mano certamente impugnava un’arma. Il bronzo B ha la testa modellata in modo strano, appare piccola perché consentiva la collocazione di un elmo corinzio. Il braccio destro e l’avambraccio sinistro della statua B hanno subito un'altra fusione, probabilmente per un intervento di restauro antico.



Sono aperte anche le interretazioni della mano delll'artista, anche se sembrano due diversi gesti scultorei ad averli creati. Ma poco importa, i Bronzi di Riace, più che mai, sembrano vivere dei vita propria, tanto imponenti e potenti, quanto al tempo stesso misteriosi e sfuggenti.
Reggio Calabria celebrerà in ogni modo il loro ritorno a casa, e molti turisti osannanti sono attesi, pronti a partire dai bronzi di Riace per poi scoprire tutto il resto di questa culla immensa della nostra civiltà che si chiama, giustamente, Magna Grecia.

venerdì 6 dicembre 2013

Grazie, Nelson




Non c'è nessuna strada facile per la libertà (Mandela)


A volte il nome di battesimo, o anche il luogo di nascita, può essere di buon auspicio e indirizzare un'esistenza come ineluttabili cartelli segnaletici.
Nelson Rolihlala Mandela ne è esempio efficace: con quel nome, infatti, non poteva che essere un leader, mentre il suo paese, Umtata, si trova nei pressi di Capo di Buona Speranza. E Nelson Mandela ebbe necessità di essere ottimista, soprattutto nei suoi 28 anni di carcere, tra il 1962 e il 1990. Le cronache più recenti ci dicono che questo distinto figlio di capo tribù Tembu, diventato poi avvocato, nemico dei bianchi, premio Nobel e capo di Stato, uomo dolce e inflessibile al tempo stesso, si sposò per la terza volta. Era sempre ottimista, dunque. Dopo la prima moglie, che pochi ricordano, ci fu la parentesi di Winnie Mandela, da cui divorziò definitivamente nel 1998: una donna dai metodi piuttosto sbrigativi, se così si può dire. Il 18 luglio del 1998, giorno del suo ottantesimmo compleanno, Nelson, simbolo africano e leggenda vivente, ha sposato il suo equivalente femminile: Graca Machel, già moglie di Samora Machel, presidete del Mozambico assassinato nel 1986.
Si disse che si stavano unendo due vittime della Storia, poi divenute vincitrici.
Ieri è morto un eroe, non solo africano, ma planetario. Un uomo che ha combattuto grandi battaglie sempre con il sorriso.
Speriamo che al Capo di Buona Speranza continui a soffiare un buon vento.

 
Discorso alla consegna del Nobel nel 1993:
 

Vostra Maestà il Re,
Vostra Altezza Reale,
stimati membri del Comitato Norvegese per il Nobel,
onorevole Primo Ministro, madame Gro Harlem Brundtland, ministri, membri del Parlamento e ambasciatori, aignori premiati, mister Frederik William de Klerk, distinti invitati, amici, signore e signori,

estendo il mio sentito ringraziamento al Comitato per il Nobel per averci insignito del premio nobel per la pace.

Vorrei cogliere l’opportunità per congratularmi con il mio connazionale e vincitore, il presidente Frederik William de Klerk per aver ricevuto questo grande onore.
(…)
Non voglio essere presuntuoso se aggiungo anche, tra i nostri predecessori, il nome di un altro eccezionale vincitore, il defunto reverendo Martin Luther King Jr.

Anche lui lottò e morì per dare un contributo alla soluzione delle stesse grandi questioni che noi abbiamo dovuto affrontare come cittadini del Sud Africa.
(…)
Siamo qui oggi come semplici rappresentanti di milioni di persone in tutto il mondo, il movimento anti-apartheid, i governi e le organizzazioni che hanno lottato con noi, non per combattere contro il Sud Africa come paese o contro uno dei suoi popoli, ma per opporsi al sistema inumano (dell’apartheid) e impegnarsi per una veloce fine dei crimini contro l’umanità causati dall’apartheid.
(…)
Grazie al loro coraggio e alla loro perseveranza negli anni, noi oggi possiamo anche fissare le date dei giorni in cui l’umanità si riunirà per festeggiare una delle eccezionali vittiorie umane del nostro secolo.

Quando questo momento verrà, noi gioiremo insieme per una vittoria comune contro il razzismo, l’apartheid e il governo della minoranza bianca.
(…)
Inoltre questo segnerà un grande passo avanti nella storia e sarà un giuramento popolare e mondiale per combattere il razzismo, ovunque questo si manifesti e qualunque forma esso assuma.
(…)
La ricompensa non sarà misurata in denaro. (…) Sarà, e dovrà essere, misurata dalla felicità e dal benessere dei bambini, i più vulnerabli cittadini di ogni società e il più grande dei nostri tesori.
(…)
La ricompensa di cui abbiamo parlato sarà inoltre misurata dalla felicità e dal benessere delle madri e dei padri di questi bambini, che possono calpestare la terra senza paura di essere derubati o uccisi per motivi politici o economici, o ricevere uno sputo perché sono mendicanti.
(…)
Il valore di questo regalo per tutti quelli che hanno sofferto sarà, e dovrà essere, misurato dalla felicità e dal benessere di tutte quelle persone del nostro paese che avranno buttato giù il muro inumano che le divide.

Questa grande massa avrà voltato le spalle al pesante insulto alla dignità umana che dà a qualcuno il ruolo di padroni e ad altri di servo, e trasforma ciascuno in un predatore la cui sopravvivenza dipende dalla distruzione dell’altro.

Il valore della nostra ricompensa condivisa è, e sarà, misurata dalla gioiosa pace che trionferà, perché il diffuso sentimento di umanità che lega insieme neri e bianchi in una sola razza umana ci avrà confermato che potremo vivere come i “bambini del paradiso”.

Così vivremo, perché avremo creato una società che riconosce che tutti sono nati ugali, che hanno diritto in egual misura alla vita, alla libertà, alla prosperità, ai diritti umani e ad un governo giusto.

Tale società non dovrà permettere più che possano esistere prigionieri di coscienza, né che possa essere violato alcun diritto umano di una persona.
(…)
Per questo motivo, noi chiediamo a coloro che governano la Birmania che rilascino la nostra Premio Nobel, Aung San Suu Kyi, e invitino lei e coloro che lei rappresenta a prendere parte ad un dialogo serio, per il bene di tutto il popolo birmano.
(…)
Lontano dalla rissa dei politici del nostro paese, vorrei sfruttare l’opportunità per unirmi al Comitato Norvegese per il Nobel e fare i complimenti al mio collega, Frederik William de Klerk.

Egli ha avuto il coraggio di ammettere che un terribile sbaglio era stato fatto per il nostro paese, e per il popolo, con l’imposizione del sistema dell’apartheid.
(…)
Ma c’è ancora qualcuno nel nostro paese che erroneamente crede di dare un contributo alla causa della giustizia e della pace rimanendo fedeli a quelle caratteristiche distintive dei gruppi, a quelle divisioni che hanno dimostrato di non portare a niente se non a un disastro.

Rimane la nostra speranza che anche questi siano benedetti da una sufficiente intelligenza per capire che la storia non sarà mai cancellata e che la nuova società non può essere creata riproducendo il ripugnante passato.
(…)
Questo deve essere un mondo di democrazia e rispetto per i diritti umani, un mondo libero dagli orrori della povertà, della fame, della privazione e dell’ignoranza, sollevato dalla minaccia e dal flagello delle guerre civili e delle aggressioni esterne e liberato dalla grande tragedia di milioni di persone obbligate a diventare rifugiati.
(…)
Noi non crediamo che questo nobel sia inteso come un riconoscimento per un qualcosa che è già accaduto e passato.

Sentiamo le voci che dicono che c’è un appello da parte dei tanti, sparsi nell’universo, che vogliono la fine del sistema dell’apartheid.

Noi comprendiamo la loro richiesta, noi dedichiamo ciò che resta delle nostre vite per usare l’esperienza unica e dolorosa del nostro paese come prova che la normale condizione per un uomo è la democrazia, la giustizia, la pace, l’assenza di razzismo, l’assenza di sessismo, la prosperità per tutti, un ambiente salutare e l’uguaglianza e la solidarietà tra le persone.

Mossi dall’appello e ispirati dalla “gloria” di cui ci avete insigniti, noi ci impegniamo a far ciò che possiamo per contribuire al rinnovamento del nostro mondo così che nessuno possa, in futuro, esser considerato come un “miserabile della terra”.

Non lasciate mai che sia detto dalle future generazioni che l’indifferenza, il cinismo o l’egoismo non ci hanno fatto raggiungere quegli ideali dell’umanesimo che il premio nobel porta con sé.
(…)
Fate sì che gli impegni di tutti noi dimostrino che non eravamo dei semplici sognatori quando parlavamo della bellezza della genuina fratellanza e quando dicevamo che la pace era più preziosa dei diamanti, dell’oro o dell’argento.

Fate risorgere il nostro secolo

Grazie

Nelson Mandela

lunedì 2 dicembre 2013

DIVINA




Oggi ricorrono 90 anni dalla nascita di Anna Maria Cecilia Sophia Kalogeropoulou , ossia Maria Callas.
Sulle sue note ci lasciamo andare a un rtiratto di quella che per bellezza e insolite strabilianti capacità artistiche è ormai detta "La Divina".

http://www.insideart.eu/2013/12/02/maria-callas-la-divina/




http://www.youtube.com/watch?v=hvMM2CJZ5VY&list=PL6860B8AFBAF5504A

mercoledì 27 novembre 2013

Van Gogh al Teatro Vascello di Roma






http://www.insideart.eu/2013/11/27/van-gogh-al-vascello/


 
 
 
La Primavera, da Vivaldi a Van Gogh:
 
 
 
 
 
Grazie Vincent
 
 
 

 

 

PETROLIO





Petrolio è il romanzo di Pier Paolo Pasolini pubblicato postumo nel 1992 da Einaudi. E' rimasto incompiuto, non solo perché Pasolini lo scriveva poco prima di morire, ma anche e soprattutto perché si tratta di un romanzo scomodo. Molti misteri lo avvolgono non ancora chiariti, e d eventi inquietanti.
Petrolio, iniziato a scrivere nel '72, nel 1975, quando lo scrittore morì ucciso, era ancora fatto di frammenti, in un quaderno di appunti, numerati in pagine con ordine progressivo.


 
 
 
Il protagonista è un brillante cattolico e comunista di Torino, Carlo, esponente della borghesia bene, un ingegnere all'Eni.  Siamo tuttavia di fronte a un personaggio a dir poco contraddittorio, che è più giusto definire sdoppiato. Carlo è sia Carlo di Polis, un uomo amabile e socievole, ma anche Carlo di Tetis, diabolico e sensuale. Due persone diverse, che s divertono a scambiarsi, di tanto in tanto ruoli, con spaesamento del lettore. La storia si ambienta un po' a Roma, dove Carlo ha preso una casa in affitto ai Parioli, un po' nel torinese, nella villa del Canavese. Carlo è un ingegnere rampante, all'Eni sta venendo in contatto con tutto un sottobosco di alta borghesia dell'economia, tanto losco, quanto potente. Carlo non ha nessuna remora morale, la sua vita sessuale è sfrenata e dissoluta: ha avuto rapporti con la madre, con le sorelle, con le serve, e addirittura con la nonna. Nella degradata periferia romana ha rapporti rituali con giovani ventenni e con un cameriere di nome Carmelo scopra la passività erotica come la dimensione più in grado di realizzarlo.
 
La narrazione prende a tratti un andamento da girone dantesco, Carlo si sta gradualmente trasformando. Questa assurda metamorfosi gli conferisce tratti femminili. Intanto nel mondo del lavoro l'ingegnere continua a frequentare i più alti "bordi". La prima parte del romanzo finisce con gli appunti di una festa ufficiale in cui notabili dell'economia e squallidi politici raccontano storie allegoriche.
Nella  seconda parte la frammentazione della scrittura raggiunge il parossismo. Il faro letterario cui sembra ispirarsi Pasolini è Dostoevskij, i Demoni campeggiano nella mente del lettore, e il tema fisso è quello cui Pasolini sta dedicando grande attenzione nell'ultimo periodo della sua vita: la trasformazione e l'imbarbarimento della civiltà italiana a lui contemporanea.
 


Pasolini e l'anarchia del potere




Una profetica e angosciante testimonianza di Pier Paolo Pasolini:

http://www.youtube.com/watch?v=H6wRslJmUJ4





martedì 26 novembre 2013

San Giacomo il Maggiore

Oggi è San Giacomo, un'occasione per dipingere il profilo di questo importante personaggio del cristianesimo, spesso raffiguarato in importanti dipinti e affreschi. Stiamo parlando di San Giacomo di Zebedeo, detto il Maggiore, e anche noto come san Jacopo. Fu uno dei 12 apostoli, scelto da Gesù mentre si trovava insieme in riva al lago di Tiberiade, dove faceva il pescatore insieme al padre. Noto per il suo temperamento impetuoso, fu uno dei primi a seguire Cristo, credendo all'annuncio del Battista che lo proclamava il Messia arrivato per salvare l'umanità.



Fu il primo Apostolo martire, i suoi resti furono ritrovati a Santiago de Compostela, dove molti pellegrini vanno ad onorarlo con preghiere.
Cito un passo del Vangelo di Matteo in cui si racconta di San Giacomo che dialoga Gesù sull'Eucarestia:
Dal vangelo secondo MatteoIn quel tempo, si avvicinò a Gesù la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo».



 Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dóminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».






lunedì 18 novembre 2013

Ciao Doris




http://www.insideart.eu/2013/11/19/arrivederci-doris/





È dai falliti e dagli sconfitti di una civiltà che se ne possono meglio giudicare le debolezze. -- Doris Lessing.
Quello che le femministe vogliono da me è qualcosa che loro non hanno preso in considerazione perché proviene dalla religione. Vogliono che sia loro testimone. Quello che veramente vorrebbero dirmi è "Sorella, starò al tuo fianco nella lotta per il giorno in cui quegli uomini bestiali non ci saranno più". Veramente vogliono che si facciano affermazioni tanto semplificate sugli uomini e sulle donne? In effetti, lo vogliono davvero. Sono arrivata con grande rammarico a questa conclusione



 
 
 
 
 
 






 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 






 
 
 
 


domenica 17 novembre 2013

Astrosciamanesimo

 
facendo letture sulla Luna Piena in Tora di oggi, ho scoperto l' astrosciamanesimo, Il termine astrosciamanesimo identifica un sistema di consapevolezza olistica e ricerca spirituale finalizzato a espandere la percezione della realtà attraverso l’integrazione delle conoscenze sciamaniche con quelle derivate dall’astrologia esoterica, le tradizioni misteriche occidentali e mediterranee, ermetiche, cristiane e gnostiche, e i contemporanei processi di trasformazione della coscienza umana.
Un insieme di pratiche interessanti sono ora davanti a me per celebrare questa giornata di Plenilunio con ammirazione profonda e desiderio di rigenerazione. Tutta le energie del cosmo sono alla nostra portata, la sola cosa da fare è connettersi e respirare profondamente.
 
 
 
L'Astroshamanic Healing è un sistema innovativo di guarigione energetica e spirituale che raggruppa gli aspetti essenziali dell'astrosciamanesimo applicati in modo diretto e dinamico sulla vita quotidiana, e in particolare nel rapporto con gli altri e l'ambiente.
Durante questo seminario base i partecipanti sono iniziati ad una serie completa di potenti pratiche dell'Astroshamanic Healing. Il loro obiettivo è di identificare e rendere operativo il rapporto con la propria natura multidimensionale, l'Intento che ne deriva e la capacità di esprimerlo concretamente nella vita quotidiana.
Le pratiche impiegate hanno inoltre lo scopo di liberare e trasformare situazioni di blocco, limite e rancore, dimostrando come le apparenti avversità della vita possono diventare strumenti di potere. Il seminario comprende l’iniziazione alla versione Delta del rituale del Sacro Cono, un efficace metodo di guarigione energetica che i partecipanti potranno in seguito operare autonomamente.
 
 

 
 
Ecco, per chi volesse approfondire un testo interessante sul tema:
 
 
Riporto integralmente il comunicato stampa relativo a un interessante seminario in cui si è trattato l'argomento dello sciamanesimo, con particolare interesse ai cosiddetti canti del Cerchio Sacro:
 
Consapevolezza Olistica si basa

sull’esperienza che tutti gli aspetti della

vita sono strettamente collegati e parte

dello stesso intero. Secondo una prospettiva

olistica non vi è separazione e

possiamo conoscere chi siamo veramente

e qual è il nostro scopo solo se

riconosciamo la realtà più ampia in cui

viviamo.
Canti del Cerchio del Sacro Cono sono il risultato di connessioni con Spiriti Totem e

Spiriti Guida nell’ambito della tradizione astrosciamanica. I suoni e i canti Planetari e

del Cerchio Astrosciamanico hanno lo scopo di trasformare ed equilibrare le disarmonie
 
vibratorie del corpo fisico, mentale emotivo e spirituale, favoriscono la trasformazione

degli stati di rancore e la percezione degli aspetti non ordinari della realtà.

L’intento principale di questo seminario è consentire ai partecipanti di stabilire una connessione

con il mondo multidimensionale e portare guarigione spirituale e trasformazione

nel mondo ordinario.

http://www.dolcemedicina.it/

 
 
Ogni Indiano d'America sa bene che il Canto è Sapienza.
 
 
 Il suono della vita si diffonde per l'universo intero in tutte le cose viventi.
Il tempo che regola la vita dell'uomo è lo stesso che scandisce il ritmo del pianeta.
Tutte le cose vivono:
La terra, l'acqua dei fiumi e dei torrenti, le piante, gli animali, le onde del mare, il vento che soffiando bisbiglia, il cielo, i sassi che respirano, il sole, le nuvole, la luna....
L'uomo, fa parte di tutto questo insieme i cose (universo) .
Egli è figlio, e la terra, è la madre da amare e rispettare.
E' grazie a quest' ultima affermazione che si può dire che nel pensiero pellerossa, la vita dell'uomo è legata alla terra, e la terra è legata all'uomo, dando vita al Cerchio Sacro.
"Noi siamo la terra, terra e popolo sono la stessa cosa"
La vita è stare in armoina con la natura ed il mondo che ci circonda, la saggezza invece, è il saper riconoscere le profonde radici che uniscono il nostro corpo al corpo stesso del creato, la terra."

Queste poche frasi, queste poche parole, in sintesi, raggruppano il pensiero che tutto il popolo Nativo Americano, ripone e trasmette nelle parole dei canti, dei miti e delle leggende e dai racconti stessi, tutti facenti parte della base di vita della loro cultura.
Il Nativo, sa quindi dal principio della propria esistenza, di dover mantenere un equilibrio costante all' interno del "Cerchio Sacro", altrimenti inevitabilmente dovrà pagarne le conseguenze, affrontando le malattie, la sfortuna, l'insicurezza e la disperazione.
Quando quest' individuo perde perde il proprio posto nel mondo ed è afflitto dalla malattia di Esistere, allora ecco che sopraggiungono le cerimonie fatte dalla collettività, come l'Inpi o Capanna Sudatoria, la pittura con la sabbia, ed altre ancora.....
Tutti questi riti, in comune hanno una cosa essenziale, il Canto.
Il Canto è magia ed armonia, incide sul mondo, respinge il male, cattura il bene, riportando l'individuo nel giusto equilibrio "Sacro Cerchio".
Il canto, esprime il legame con la terra, e ne illumina gli elementi fondamentali dell'esistenza e delle immagini visionarie che lo sciamano infonde con il suo insegnamento.
Il canto, ha quindi un ruolo di rilievo fondamentale per i Nativo Americani, perchè come visto è collegato alla religione, alla vita cerimoniale ed ai momenti clou della vita della comunità.
Troviamo quindi canti per il culto, per i riti di guarigione, per la guerra, per la caccia, per l'amore, per le gare atletiche, per le Danze Rituali ecc....
Il repertorio dei canti, viene tramandato da generazione in generazione e considerato il valore del canto stesso, chi lo compone, sostiene di essere un semplice interprete di composizioni che Wakan Tanka comunica loro tramite le visioni o i sogni.
La struttura del canto, è molto diverso da quelli che si vedono ai giorni nostri....
il Canto, infatti, ha una struttura molto rigida, con margini praticamente inesistenti per l'improvvisazione, e l' errore durante la loro esecuzione è spesso severamente punito. Tutto questo, perchè il canto è in sostanza un Rituale che punta ad avere ed ottenere effetti precisi.
La musica che compone i canti, non è mai eseguita per puro divertimento o svago, ma ha sempre una diretta funzionalità giudicata non dal bello o divertente, ma dal buono e potente.
I testi, sono semplici unioni di sillabe, oppure passaggi poetici riferiti a miti tradizionali, i qualsi sono comunque sempre accompagnati dall' interazione di sillabe prive di senso.
Gli strumenti che accompagnano i canti, sono generalmente a percussione, quali sonagli, tamburi, bastoni e nel caso di canzoni d'amore vengono usati Zufoli e Flauti.
La danza, come movimento dell'uomo nello spazio, ha grandissima importanza, unendo a se tutti gli elementi.
Quando gli Europei sbarcarono nell'isola della "Tartaruga", i Nativo Americani contavano più di 400 nazioni tutte caratterizzate da diverse culture.
Alcuni popoli erano raccoglitori dall'età della pietra, altre erano nomadi dedicandosi alla caccia, altre ancora vivevano sullo sviluppo dell'agricoltura.
Praticamente, vi erano differenze a volte anche abissali sullo stato di ogni singola tribù.
Anche nel campo musicale questi popoli sviluppavano tradizioni e stili differenti.
Le tribù del Sud-Ovest, per esempio, stanziate nelle regioni desertiche dell 'Arizona, hanno canti molto semplici nella ritmia, e creano un'atmosfera semplice e rilassata. I loro testi, risultano essere lunghi e molto articolati.
Per i Nativo Americani delle praterie, ed i Pueblo, la musica ha un rilievo più selvaggio, essendo caratterizzata da una prevalenza di sillabe senza senso nel testo, da un andamento melodico fortemente accentato, da un'espressività dura e da una voce roca e aspra.
Nonostante queste differnze formali, nella cultura Nativo Americana, "la parola ha potere in se stessa. Dal nulla si fa il suono, e il significato;la parola è origine di tutte le cose"
Ogni indiano, è consapevole che il canto, è di per se stesso sapienza.
La capacità quindi, di intonare un canto, diviene preziosa possibilità di proteggere l'uomo e la sua civiltà.
 
 



 
 
 
 
 Il suono della vita si diffonde per l'universo intero in tutte le cose viventi.
Il tempo che regola la vita dell'uomo è lo stesso che scandisce il ritmo del pianeta.
Tutte le cose vivono:
La terra, l'acqua dei fiumi e dei torrenti, le piante, gli animali, le onde del mare, il vento che soffiando bisbiglia, il cielo, i sassi che respirano, il sole, le nuvole, la luna....
L'uomo, fa parte di tutto questo insieme i cose (universo) .
Egli è figlio, e la terra, è la madre da amare e rispettare.
E' grazie a quest' ultima affermazione che si può dire che nel pensiero pellerossa, la vita dell'uomo è legata alla terra, e la terra è legata all'uomo, dando vita al Cerchio Sacro.
"Noi siamo la terra, terra e popolo sono la stessa cosa"
La vita è stare in armonia con la natura ed il mondo che ci circonda, la saggezza invece, è il saper riconoscere le profonde radici che uniscono il nostro corpo al corpo stesso del creato, la terra."

Queste poche frasi, queste poche parole, in sintesi, raggruppano il pensiero che tutto il popolo Nativo Americano, ripone e trasmette nelle parole dei canti, dei miti e delle leggende e dai racconti stessi, tutti facenti parte della base di vita della loro cultura.
Il Nativo, sa quindi dal principio della propria esistenza, di dover mantenere un equilibrio costante all' interno del "Cerchio Sacro", altrimenti inevitabilmente dovrà pagarne le conseguenze, affrontando le malattie, la sfortuna, l'insicurezza e la disperazione.
Quando quest' individuo perde il proprio posto nel mondo ed è afflitto dalla malattia di Esistere, allora ecco che sopraggiungono le cerimonie fatte dalla collettività, come l'Inpi o Capanna Sudatoria, la pittura con la sabbia, ed altre ancora.....
Tutti questi riti, in comune hanno una cosa essenziale, il Canto.
Il Canto è magia ed armonia, incide sul mondo, respinge il male, cattura il bene, riportando l'individuo nel giusto equilibrio "Sacro Cerchio".
Il canto, esprime il legame con la terra, e ne illumina gli elementi fondamentali dell'esistenza e delle immagini visionarie che lo sciamano infonde con il suo insegnamento.
Il canto, ha quindi un ruolo di rilievo fondamentale per i Nativo Americani, perché come visto è collegato alla religione, alla vita cerimoniale ed ai momenti clou della vita della comunità.
Troviamo quindi canti per il culto, per i riti di guarigione, per la guerra, per la caccia, per l'amore, per le gare atletiche, per le Danze Rituali ecc....
Il repertorio dei canti, viene tramandato da generazione in generazione e considerato il valore del canto stesso, chi lo compone, sostiene di essere un semplice interprete di composizioni che Wakan Tanka comunica loro tramite le visioni o i sogni.
La struttura del canto, è molto diverso da quelli che si vedono ai giorni nostri....
il Canto, infatti, ha una struttura molto rigida, con margini praticamente inesistenti per l'improvvisazione, e l' errore durante la loro esecuzione è spesso severamente punito. Tutto questo, perché il canto è in sostanza un Rituale che punta ad avere ed ottenere effetti precisi.
La musica che compone i canti, non è mai eseguita per puro divertimento o svago, ma ha sempre una diretta funzionalità giudicata non dal bello o divertente, ma dal buono e potente.
I testi, sono semplici unioni di sillabe, oppure passaggi poetici riferiti a miti tradizionali, i qualsi sono comunque sempre accompagnati dall' interazione di sillabe prive di senso.
Gli strumenti che accompagnano i canti, sono generalmente a percussione, quali sonagli, tamburi, bastoni e nel caso di canzoni d'amore vengono usati Zufoli e Flauti.
La danza, come movimento dell'uomo nello spazio, ha grandissima importanza, unendo a se tutti gli elementi.
Quando gli Europei sbarcarono nell'isola della "Tartaruga", i Nativo Americani contavano più di 400 nazioni tutte caratterizzate da diverse culture.
Alcuni popoli erano raccoglitori dall'età della pietra, altre erano nomadi dedicandosi alla caccia, altre ancora vivevano sullo sviluppo dell'agricoltura.
Praticamente, vi erano differenze a volte anche abissali sullo stato di ogni singola tribù.
Anche nel campo musicale questi popoli sviluppavano tradizioni e stili differenti.
Le tribù del Sud-Ovest, per esempio, stanziate nelle regioni desertiche dell'Arizona, hanno canti molto semplici nella ritmica, e creano un'atmosfera semplice e rilassata. I loro testi, risultano essere lunghi e molto articolati.
Per i Nativo Americani delle praterie, ed i Pueblo, la musica ha un rilievo più selvaggio, essendo caratterizzata da una prevalenza di sillabe senza senso nel testo, da un andamento melodico fortemente accentato, da un'espressività dura e da una voce roca e aspra.
Nonostante queste differenze formali, nella cultura Nativo Americana, "la parola ha potere in se stessa. Dal nulla si fa il suono, e il significato; la parola è origine di tutte le cose"
Ogni indiano, è consapevole che il canto, è di per se stesso sapienza.
La capacità quindi, di intonare un canto, diviene preziosa possibilità di proteggere l'uomo e la sua civiltà.