giovedì 5 maggio 2011

suegno a piè di PAGINA...



Partendo dal presupposto che la vita è come un libro, come gli stessi testi sono una trama di realtà vissuta e poi trasposta, allora ho pensato di guardare bene cosa significa la parola Pagina e quali ne sono gli elementi.
Una Pagina è uno spazio molto libero, forse tra i più ampi che possa concepire e impiegare l’ingegno umano. UNO SPAZIO quindi vissuto, come una tranche de vie espressa in parole, ridotta in codice. Codice  verbale, fonetico, logico e grammaticale. Forse proprio per questa intima natura varia e ariosa, e grazie alla sua  e geometrica struttura, volendo perfetta, la Pagina si offre come candidata ideale a riprodurre la vita in ogni suo senso , forma, e dinamica. Molto più spazio concede al suo osservatore una fotografia. Chi guarda una foto è assai più libero di chi fisicamente compie lo scatto, e sceglie dove puntare il suo mirino. Paradossalmente proprio la fotografia, frutto di una riproduzione fedele, digitale o meno, del vero, proprio questa forma direi “scientifica” di restituire gli ambienti, le cose e le persone, è quanto di meno scientifico, univoco, matematico si possa avere. Soprattutto nel senso ultimo, anche perché pure una foto, nel momento esatto in cui diventa IMMAGINE, rischia subito di divenire icona, di suggerire una metafora, di essere scambiata per segnale, o addirittura simbolo. Un soggetto  ritratto nell’istante stesso in cui era esistente, nel momento  puntuale in cui la stessa sequenza si svolgeva nella vita potrebbe diventare solo il rimando e kla suggestione per ricercare ben altro, DENTRO o oltre ‘immagine. Qualcosa di tanto SOSTANZIALMENTE   superiore, quanto superficialmente invisibile.  Quasi la vera essenza di quella esperienza visiva e mentale.  La sola cosa per capire questo mio discorso è comunque GUARDARE E CONCENTRARSI SU UNA IMMAGINE.
In questo preciso caso si tratterebbe di rileggere con ovìcchi diversi, e pluralità di sguardi e prospettive l’immagine prescelta dia Casella per il libretto della prima assoluta dell’Opera fiaba in questione, LA DONNA SERPENTE.
Ecco che l’osservatore, può guardare l’insieme, o perdersi nei dettagli, ma resta tuttavia integra la possibilità di spaziare nell’ignoto, interpretare con la fantasia l’immagine vista, interrogarsi su come sarebbe la situazione oltre i confini stessi della pellicole, immaginare cosa pensassero o dicessero i protagonisti ritratti, o fare scommesse su come sia andata a finire in quello scenario, dopo la foto.
Non lo stesso margine è concesso al lettore di una Pagina scritta.
Quello che mi piacerebbe dimostrare , aldilà della roboante propaganda che ha reso a tutti noi simpatico lo slogan futurista, coniato ad hoc da Tommaso Marinetti, ossia parole in LIBERTA’ è esattamente che al contrario queste parole comunicano un messaggio sbagliato, perché impossibile. Le parole non sono mai in libertà, altrimenti sarebbero segni che noi lettori, o scrittori, non sapremmo riconoscere, quindi inutili.
C.C.



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